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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2011 alle ore 20:25.

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Tre fratelli algerini in lotta per l'indipendenza del loro paese o una squadra di ex agenti della Cia costretti a tornare in azione? Questa sarà presumibilmente la scelta che il pubblico italiano si troverà a fare in questo weekend non troppo ricco cinematograficamente parlando (ma già mercoledì prossimo arriveranno in sala opere attese come «The Tree of Life» di Terrence Malick o «Il ragazzo con la bicicletta» dei fratelli Dardenne).

Mentre lo scorso venerdì diversi film esaltavano la forza del singolo (da «Machete» a «Tatanka»), questa settimana i due titoli più rilevanti mettono al centro gruppi di personaggi che cercano nel collettivo la loro ragion d'essere.

Primo fra questi il nucleo familiare-patriottico di «Uomini senza legge» di Rachid Bouchareb. Al termine di un breve incipit ambientato a metà degli anni '20, il film si apre a Sétif in Algeria l'8 maggio 1945, giorno in cui il governo francese represse nel sangue una manifestazione per l'indipendenza del paese. Dopo questo evento la trama segue le vicende di Said, Messaoud e Abdelkader, tre fratelli di origine algerina, che percorreranno strade molto diverse l'uno dall'altro: il primo diventerà gestore di locali a Pigalle, il secondo soldato dell'esercito francese in Indocina, il terzo militante per l'indipendenza del suo paese. I loro destini torneranno a incrociarsi a Parigi a metà degli anni '50 con l'obiettivo comune di lottare per rendere l'Algeria un paese libero.

Dopo il toccante «London River», il regista Rachid Bouchareb si fa coinvolgere troppo dalla storia di «Uomini senza legge»: allunga a dismisura diverse, ridondanti, sequenze e non evita le trappole di una retorica di stampo televisivo.

Il film, presentato al Festival di Cannes 2010, è comunque tenuto a galla dai tre personaggi protagonisti, ben scritti e ampiamente sfaccettati, nei cui panni vi sono tre attori in stato di grazia: Jamel Debbouze, Roschdy Zem e Sami Boujila.

Personaggi molto diversi sono quelli di «Red», la nuova commedia di Robert Schwentke con John Malkovich, Morgan Freeman, Helen Mirren e Bruce Willis.

Quest'ultimo interpreta Frank Moses, un ex agente della Cia in pensione che, in una serata apparentemente tranquilla, diventa il bersaglio di un assassino. Riesce a salvarsi ma decide di ricomporre la sua vecchia squadra per cercare di capire chi si cela dietro quell'attacco.
Nonostante il cast stellare, il fascino di «Red» rimane fermo all'interessante soggetto di partenza, tratto da una graphic novel di Warren Ellis e Cully Hamner, in cui l'action comedy si unisce agli acciacchi di un gruppo di pensionati («Red» è l'acronimo di Retired Extremely Dangerous – Pensionati molto pericolosi).

Una regia scolastica e una sceneggiatura mal sviluppata tolgono mordente a una pellicola che prometteva azione e divertimento, ma che invece riesce a trasmettere soltanto noia e la sensazione di un'occasione davvero buttata al vento.

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