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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2011 alle ore 22:20.

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Donka è il nome dei campanellini che, nell'Ottocento, venivano attaccati alle canne utilizzate per la pesca nei fondali più profondi. Si trattava di una tecnica che richiedeva concentrazione e pazienza: ore di attesa, nelle quali il pescatore Anton Cechov si immergeva, dando l'impressione di disperdere il tempo.

Proprio come fa il poeta davanti alla pagina bianca, in attesa dell'ispirazione: è da questa suggestione che parte il regista svizzero Daniele Finzi Pasca, uno degli artisti giovani eppure più affermati nel poetico mondo del nouveau cirque.
Il successo dei suoi precedenti lavori, e in particolare del riusicitissimo Rain, ha portato Finzi Pasca a proseguire convinto sulla strada di un teatro lirico e acrobatico al tempo stesso, nel quale ha dimostrato di eccellere a livello mondiale insieme ai più grandi della disciplina.

L'appuntamento tra il suo mondo e l'immaginario di Cechov appariva, sulla carta, dirompente: incontro di malinconie, incontro di atmosfere sospese (anche fisicamente: il trapezio del circo, lampadari di ghiaccio che ondeggiano...), il non detto cechoviano con il suggerito circense.
E il regista, visivamente, mantiene le promesse: in una scansione di quadri giustapposti, Donka dissemina la scena di segni cechoviani: si tratta di riferimenti biografici all'autore russo (la sua professione di medico, l'attesa dell'ispirazione pescando) e di citazioni più o meno esplicite dalle opere (Tre sorelle e Il gabbiano su tutte). In parallelo, la narrazione si svolge, su un piano meta-teatrale, nella Svizzera dell'infanzia del regista, e crea un corto-circuito che dovrebbe tenere insieme gli elementi in successione.

Nessuna delusione, dunque, dalla magia dei quadri visivi e dalla straordinaria tecnica dei veri e propri artisti-atleti. C'è musica dal vivo, c'è un coro che canta canzoni popolari con virtuosa polifonia, ci sono i clown che demisitificano l'impeccabile esecuzione degli esercizi e ci sono intuizioni sceniche suggestive che sanno lasciare a bocca aperta (dal ghiaccio alle proiezioni giganti capaci di ingannare le leggi della prospettiva). E c'è anche un giusto equilibrio tra essenzialità cromatica e tecnica.

C'è tutto, c'è – pensando a Cechov – persino troppo: sembra paradossale, ma l'esigenza di confrontarsi con il maestro russo rischia di sottrarre anziché aggiungere senso allo spettacolo. Perché l'ellissi, il silenzio, il vuoto, cechoviani restano comunque nascosti, come quel pesce che la magica canna da pesca di Donka riesce a catturare per un solo istante, e che poi, inafferrabile, si divincola e fugge.

Donka – Una lettera a Cechov
scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca
Teatro Sunil e Cekhov International Theatre Festival di Mosca
AL Piccolo Teatro Strehler
Fino al 15 maggio
Info: www.piccoloteatro.org

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