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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2011 alle ore 19:40.

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Emil Cioran (Corbis)Emil Cioran (Corbis)

Già uno scrittore transilvano in trasferta ad Ibiza sembra un ossimoro. Se poi si chiama Emil Cioran la storia si fa bizzarra e tragicamente geniale. Poeta dell'insonnia devoto alla teologia nell'assenza di Dio, pessimista con il sorriso sulle labbra, questo romeno reso apolide dal destino e francese dalla vocazione, ha scritto parole degne dei migliori comodini. Chi ha smesso di avere fede, anziché la Bibbia metta Confessioni e anatemi di Cioran sotto il lume. Potrà prender sonno leggendo parole di devozione per Teresa d'Avila e Alberto Magno, ma anche una staffilata come questa: "Più si detestano gli uomini, più si è maturi per Dio, per un dialogo con nessuno".

I titoli dei suoi libri sono i capolavori di cinismo di quello che si può considerare, senza timore di sbagliare, il maestro degli aforismi. Eccone qualcuno: Sommario di decomposizione, L'inconveniente di esser nati, Al culmine della disperazione. E pur tuttavia si sarebbe in torto se, a legger queste righe, si pensasse che qui si fa l'apologia di un tizio con la vocazione al proprio o altrui suicidio. Non avrebbe potuto averne, perché aveva troppo senso dell'umorismo. Lo dimostrano alcune sue frasi celebri. "Appena esco dall'«io» mi addormento", che è il canto disperato di uno scrittore dell'insonnia, condannato a farci sentire meno soli perché di notte non dorme. Una volta, ha detto di sentirsi "lo scettico di turno in un mondo in declino".

Certo leggendolo, si capisce di aver a che fare con un filosofo. Uno la cui vita coincide con il pensiero e il cui pensiero riflette un mondo in decadenza. Grandioso Cioran, che si è nascosto tra gli esuli di Parigi per continuare ad essere un vero conservatore. Di quelli rari, genuini, incapaci di cedere a compromessi con il secolo. Le sue parole riflettono l'anima di un uomo che ha perduto la sua patria e il suo mondo.
Cioran era solo uno con una faccia un pò così, con la disgrazia di esser nato nel 1911 e quindi di essersi subito due guerre mondiali e una patria distrutta. Un'amico di Mircea Eliade e anche di Codreanu, cioè un reazionario tout court destinato a invecchiare in un mondo liberal. Proprio lui, che aveva già avuto la sciagura di esser figlio di un prete ortodosso senza averne ereditato la fede.

Non è morto da tanto, Emil Cioran, ma se ne sente già la mancanza. Per fortuna Adelphi non smette di pubblicare i suoi libri, anche quelli minimi. Dicevamo all'inizio di Ibiza perché è appena uscito Il Taccuino di Talamanca, che è un villaggio di Ibiza dove Cioran si trovava in vacanza. Un breve diario talmente ricco di intelligenza e di talento, che qualunque grafomane con un minimo di sale in zucca leggendolo abbandonerebbe la stesura del proprio. Il Nostro adorava Ibiza, così come amava la Spagna tutta. Da Il sentimento tragico della vita di Miguel de Unamuno a Ortega y Gasset, del quale non a caso conosceva e stimava la figlia spirituale, la cattolica Maria Zambrano. Egli amava poi la figura di santa Teresa d'Avila, che nel Taccuino ricorre, e dev'essere stato uno dei pochi a cogliere davvero la tragica ironia del Don Chisciotte di Cervantes.

Tra questi ed altri fantasmi, sull'isola Cioran peregrina di notte, al buio lungo il mare, meditando su Checov e Borges, ma soprattutto su se stesso, strappandoci una lacrima e un sorriso. Il caldo nuoce al suo temperamento, confida. In reltà in queste pagine ci sembra solo più votato alla malinconia e all'introspezione, in un dialogo serrato con il proprio Io. Le riflessioni sono segnate dai giorni di quell'estate del 1966 in cui era un cinquantenne d'altri tempi sulla soglia del bailamme sessantottino. Talento della brevità, le sue parole restano impresse nella mente come un'incisione nella pietra. Quasi fossero gettate lì per confessarsi e vuotare il sacco, tra il 31 luglio e il 24 agosto. Sarebbe un delitto svelarle, perché Cioran dev'esser letto per intero. Quindi ve ne concediamo soltanto un assaggio: "La dolcezza del vivere è scomparsa con l'avvento del rumore. Il mondo sarebbe dovuto finire cinquant'anni fa".

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