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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2011 alle ore 16:59.

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Una immagine da «The Housemaid» del regista coreano Im Sang-sooUna immagine da «The Housemaid» del regista coreano Im Sang-soo

Remake asiatici, sequel americani e un pizzico di cinema italiano. In quest'ultimo weekend di maggio arrivano nelle nostre sale pellicole molto diverse tra loro, per genere e provenienza geografica, che cercheranno di togliere un po' di pubblico al lanciatissimo quarto episodio della saga dei «Pirati dei Caraibi», trionfatore dello scorso weekend con oltre 7 milioni di euro d'incassi in soli cinque giorni di programmazione.

Nonostante la compagine di casa nostra sia particolarmente nutrita (fra le uscite da segnalare «Corpo celeste» di Alice Rohrwacher, presentato nella Quinzaine des realisateurs dell'ultimo Festival di Cannes) il titolo più interessante, che farà parlare di sé, proviene dalla Corea del Sud: è «The Housemaid» di Im Sang-soo.

Un remake
Remake di un leggendario film coreano del 1960, «The Housemaid» ha per protagonista Eun-yi, una ragazza dei quartieri poveri che viene assunta come cameriera e bambinaia nella lussuosa villa di una ricchissima coppia borghese. Quando il padrone di casa inizierà a chiederle servigi diversi da quelli per cui era stata ingaggiata, Eun-yi si ritroverà incinta e incapace di difendersi contro gli spietati attacchi di una famiglia disposta a tutto pur di salvare le apparenze. Dopo un folgorante incipit, in cui assistiamo al suicidio di una ragazza tra l'indifferenza generale di tante vite umane concentrate soltanto su loro stesse, il soggetto di «The Housemaid» sembra appiattirsi ai canoni delle più classiche storie di vendetta. Nonostante la prevedibilità di molte dinamiche narrative, il regista Im Sang-soo è bravo a realizzare diverse scene di grande impatto emotivo che, anche grazie alle intense performance degli interpreti principali, difficilmente verranno dimenticate dagli spettatori nei giorni successivi alla visione.

Scandalizzare comunque
In altri momenti, invece, diventa evidente il desiderio del regista di voler scandalizzare a qualunque costo: Im Sang-soo, con la scusa di ritrarre le ipocrisie più profonde della classe borghese del suo paese, calca eccessivamente la mano sulle sequenze erotiche e su quelle conclusive, così da preservare la fama di autore controcorrente e provocatorio che si è guadagnato nel corso degli anni.

Una commedia demenziale
Nomea molto diversa è quella del regista Todd Phillips, da diversi anni specializzato in commedie demenziali di grande successo, che torna nelle nostre sale con «Una notte da leoni 2». Dalla Las Vegas del precedente capitolo l'azione si sposta a Bangkok. ma il risultato non cambia: quella che doveva essere una sobria cerimonia prematrimoniale, come avrebbe voluto il futuro sposo Stu, si trasformerà in un nuova folle notte di addio al celibato, dalla quale i tre protagonisti (il dentista Stu, l'insegnante Phil e l'eccentrico Alan) si sveglieranno nuovamente senza alcun ricordo.

Visto l'enorme successo di «Una notte da leoni» (quasi 300 milioni di dollari d'incasso soltanto negli Stati Uniti), gli autori hanno optato per ricreare integralmente la struttura del primo film in un secondo episodio che sembra quasi un remake piuttosto che un sequel. Una scelta onesta che rischia però di renderlo meno divertente (seppur rimanga comunque un prodotto gradevole) e ben più scontato del suo fortunato predecessore.

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