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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2011 alle ore 08:23.

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«Quando ero in terza media ho capito che cosa volevano dire le mie fantasie sugli uomini, che non sarebbero andate via e che dovevo farci i conti. Ero terrorizzato». Queste sono le parole riferite da un gay allo psicologo sociale Ritch Savin-Williams, il cui rivoluzionario studio sulla adolescenza dei maschi gay contiene decine di racconti simili. Quel giovane era terrorizzato, ovviamente, perché sapeva di avere davanti a sé un futuro difficile nella società americana. In qualche misura ne aveva anche interiorizzato le attitudini: studente presso una scuola evangelica, era stato educato a provare orrore e disgusto per la condotta che desiderava, e a ritenerla spregevole o animalesca, non adeguata alla piena dignità di un essere umano. Molti altri giovani gay intervistati da Savin-Williams erano sereni rispetto ai propri sentimenti, tuttavia anche loro erano consapevoli di avere davanti una strada difficile, perché molte persone, quando non loro stessi, avrebbero guardato a quei desideri e comportamenti con disgusto.
I sostenitori della politica del disgusto possono a malapena sopportare il pensiero di ciò che quell'adolescente faceva con i suoi amici: «Quella roba mi fa venire da vomitare» dicono, e voltano le spalle alla realtà della vita gay come se si trattasse di una ripugnante contaminazione della comunità. Anche solo osservare ciò che fa quell'adolescente gay significa essere contaminati. Essere guardati da un uomo gay è probabilmente anche peggio, perché vuol dire essere penetrati dall'agente contaminante. Questa prospettiva politica, benché negli ultimi anni abbia perso terreno, continua a influenzare il modo di pensare di molti. In questi termini, il disgusto appare come piuttosto negativo, un rifiuto fondamentale della piena umanità dell'altro. Si potrebbe quindi pensare che costituisca un cattivo fondamento per l'attività legislativa in una società democratica. Esso, tuttavia, ha avuto sostenitori di grande influenza e prestigio nel campo giuridico.... Recentemente, negli Stati Uniti, Leon Kass, a capo del Consiglio di bioetica durante la presidenza Bush, ha sostenuto che la ripugnanza ha una propria inerente "saggezza": si tratterebbe di un dispositivo connaturato per distoglierci da scelte terribili e distruttive. ... Ha concluso che il disgusto è una ragione sufficiente per vietare una pratica, anche se questa non comporta alcun danno a una terza parte non consenziente. E non si tratta di posizioni meramente accademiche: esse sono in sintonia con ampie forze sociali.
La politica del disgusto è in profonda contraddizione con l'idea astratta di una società fondata sull'eguaglianza di tutti i cittadini, nella quale tutti hanno diritto a un'eguale protezione da parte della legge. Afferma che il semplice fatto che sia qualcosa di te che mi suscita il vomito sia un motivo sufficiente perché io ti tratti come un paria sociale, negandoti alcuni dei tuoi più fondamentali diritti di cittadino.
... Persino la Corte suprema degli Stati Uniti ha dichiarato che la deferenza del diritto verso questa sorta di "ostilità" vìola il principio di eguaglianza della legge nella sua forma più elementare e generale. Essa vìola anche un paradigma fondamentale della razionalità politica: le leggi emanate in risposta a questa ostilità sono prive di un fondamento razionale. Nonostante le sconfitte subite negli ultimi anni sul piano giuridico, la politica del disgusto è viva e vegeta nell'America di oggi, dal momento che diversi gruppi illustrano con accanimento le pratiche omosessuali in modo da suscitare disgusto, e poi attingono a questa reazione nelle proprie campagne contro la legalizzazione dei matrimoni gay o le leggi antidiscriminazione.
Il disgusto oggi ha due avversari, entrambi sempre più influenti nella vita sociale, politica, e persino giuridica: rispetto ed empatia. L'idea di un eguale rispetto per le persone, un concetto chiave nella storia della democrazia americana, associata all'alta considerazione della libertà personale, suggerisce a molti cittadini che, anche nel caso non abbiano una buona opinione delle scelte intime di altri, devono lasciare loro lo spazio di seguirle, nella misura in cui non vìolano i diritti di qualcuno. Una tale politica di eguale rispetto/eguale libertà è stata a lungo la norma nel campo religioso, dove siamo abituati all'idea di dover convivere su una base di rispetto con persone le cui scelte consideriamo cattive, o persino peccaminose, e all'idea correlata che tali scelte personali profondamente significative richiedano, per tutti, la tutela di una sfera di libertà personale. L'oggetto del rispetto è l'individuo, non le sue azioni; ma rispettare i propri concittadini come eguali richiede, secondo una tradizione consolidata, vederli in quanto persone che compiono scelte e si pongono domande, e che hanno bisogno di un'ampia area di libertà intorno a sé, sia che usino quella libertà bene, sia che la usino male (nella misura in cui non calpestano i diritti degli altri). Molte persone percepiscono l'orientamento sessuale in modo analogo: come una caratteristica intimamente legata alla ricerca individuale di una vita dotata di senso, e quindi come qualcosa la cui limitazione o restrizione giuridica infligge un profondo danno psichico. L'eguale rispetto per tutti i cittadini, secondo molti, vieta di arrecare tale danno a coloro che cercano semplicemente di agire in base ai propri desideri senza vìolare i diritti degli altri.
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