Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2011 alle ore 08:23.

My24

Laureato in teologia, docente di filosofia alla Humboldt-Universität di Berlino, giudice costituzionale del Brandeburgo, presidente del senato della Deutsche nationalforschung di Weimar, membro del Consiglio nazionale di etica e dell'Accademia delle scienze di Berlino, insignito di vari premi e lauree honoris causa e altro ancora: a un autore dotato di un simile medagliere ci si accosta col sospetto giustificato di accademismo, di arcigna competenza o di scostante erudizione. E, invece, ecco la sorpresa di un dettato brillante, di un testo intarsiato di esempi, sensibile alle curve di attenzione del lettore così da evitarne lo sbadiglio, ecco un autore pronto a brandire il fioretto della polemica e a miscelare nelle sue righe la spezia dell'ironia, pur trattando un argomento delicato com'è quello del rapporto fede-scienza e pur avendo di fronte, in una sfida a un ideale duello contro tesi "deicide", un ossequiato personaggio come Richard Dawkins, spavaldo autore del best-seller The God Delusion che Mondadori ha pensato di rendere ancor più provocatorio intitolandolo L'illusione di Dio.
Richard Schröder – questo è il nome dell'autore dello scritto sottotitolato «Il fanatismo scientifico» – non ne perdona una allo scienziato americano, a partire dalla tradizionale accusa, scagliata contro la religione, di essere fonte inesausta di crociate, cacce alle streghe, eccidi, persecuzioni, anche perché egli stesso ha provato sulla sua pelle la poco piacevole esperienza di anni vissuti sotto un regime sostanzialmente ateo com'era la Ddr, i cui miti erano allora Stalin, Mao, Pol Pot e compagni. Ma il suo attacco a Dawkins, il cui testo è vagliato impietosamente riga per riga, va ben oltre questo terreno piuttosto estrinseco e punta alla tesi di fondo e all'adozione ideologica e ben poco scientifica del modello evoluzionista, brandito dallo studioso americano come una clava per sbeffeggiare e demolire ogni religione o forse per propugnarne un'altra, quella dell'ateismo, perché egli esplicitamente afferma di voler "convertire" il suo lettore all'ateismo (così a pag. 118 della versione italiana). La «cosificazione delle persone» operata da Dawkins ha il suo apice nella teoria dei "memi", «le unità di eredità culturale» che sarebbero il parallelo dei geni biologici e che spiegherebbero l'intero arco della produzione culturale e "spirituale". Per dirla in modo impertinente come fa Schröder, sarebbe come se «uno ti conducesse in una galleria di quadri e ti dichiarasse: Posso spiegarti brevemente tutti questi quadri: essi sono tutti quanti fatti di atomi! E così avremmo finalmente capito tutto».
L'analisi procede in maniera serrata e argomentata e naturalmente prende di mira una serie di corollari elaborati da Dawkins. Pensiamo alla conseguente "naturalizzazione" della coscienza umana per la quale «io sono il mio cervello», con l'evidente confusione tra il presupposto "necessario" (la conditio sine qua non dell'antica metafisica) e quello "sufficiente" (la conditio qua): senza un cervello in azione (conditio sine qua non) non possiamo pensare o ridere: ma il cervello da solo non pensa e non ride perché ha bisogno di una conditio qua ulteriore. Similmente ci si inoltra nel campo della responsabilità morale che esige l'intreccio delle relazioni personali e che non può essere computato solo secondo il protocollo delle scienze naturali, come per altro aveva intuito quel grande scienziato agnostico che era Stephen Gould con la sua teoria del duplice livello (Noma, Non Overlapping Magisteria, «magisteri non sovrapponibili»).
Anche la spiazzante e inattesa introduzione da parte di Dawkins della possibilità, in quella «macchina di sopravvivenza» che è l'uomo, di rivoltarsi contro i propri memi "egoisti", coltivando deliberatamente l'altruismo puro e disinteressato, nostra l'affanno di una teoria che, di fronte alla complessità del fenomeno umano, ricorre in corner, secondo Schröder, a «una pseudometafisica e a una pseudoteologia materialistica superficiale e inconsistente». Ed effettivamente è difficile dargli torto. Certo, Dawkins ha spesso di mira il discutibilissimo creazionismo americano ma paradossalmente ne adotta l'ermeneutica fondamentalista: «Come i creazionisti concepiscono i racconti biblici della creazione come un protocollo scientifico – senza riflettere sul loro contesto storico e sulle loro intuizioni e sulle loro prospettive – così egli concepisce le scienze naturali come l'unica e completa descrizione della realtà, senza riflettere sulla loro specifica prospettiva e sulla loro storia». E qui siamo nel vero nodo della questione che ogni fondamentalista religioso o scientista ignora.
Lasciamo ancora la parola a Schröder: «Alla domanda: "Cos'è l'uomo? Chi siamo?" non è possibile rispondere in modo soddisfacente con i metodi delle scienze naturali. Ciò non depone contro tali scienze, ma contro l'illusione di ascrivere loro la capacità di spiegare tutto. Pure la giustizia, la pace, la libertà, la colpa e il perdono sono di grande importanza nella nostra vita e nel nostro mondo, ma fuori della portata delle scienze naturali». L'opera di Schröder, che ovviamente affronta un'agenda tematica ben più varia delle esemplificazioni da noi offerte, attenendosi a quella stilata da Dawkins, si chiude con un interessante capitolo diacronico sull'ateismo, inseguito a partire dall'antichità, passando attraverso il particolare "ateismo" immanentista di Spinoza, senza ignorare la curiosa ma significativa accusa di ateismo rivolta contro i cristiani (si leggano le pagine dedicate a questo interessante giudizio del mondo pagano sul cristianesimo e sulla sua originalità).

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi