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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2011 alle ore 09:46.

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Da Brescia a Roma: una montagna di marmo bianco di Botticino per l'Altare della PatriaDa Brescia a Roma: una montagna di marmo bianco di Botticino per l'Altare della Patria

Il 4 giugno del 1911 in occasione dell'esposizione internazionale per i cinquant'anni dell'Unità d'Italia, si inaugurava a Roma il grande complesso del Vittoriano dedicato a Vittorio Emanuele II. Nel 1921 nel monumento venne collocata l'urna del Milite Ignoto, per onorare i 600mila caduti della Grande Guerra, insieme al fregio allegorico dello scultore bresciano Angelo Zanelli raffigurante l'Amor patrio «che combatte e vince», il Lavoro «che edifica e feconda» e, al centro, la statua della dea Roma. Fu così che il Vittoriano diventò anche l'Altare della Patria.

Adorato da Gabriele D'Annunzio e da Benedetto Croce, mal sopportato dai romani che per generazioni l'hanno soprannominato "macchina da scrivere", noto in Francia come "la grande tarte" sua somiglianza con una gigantesca torta nuziale decorata con panna e meringa, grandioso e contestato monumento in stile neoclassico, progettato dall'architetto marchigiano Giuseppe Sacconi, compie oggi 100 anni.

Sacconi si ispirò a grandi monumenti classici come il tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina e soprattutto l'altare di Zeus a Pergamo, che proprio in quegli anni veniva trasportato in Germania, dove venne poi ricostruito da archeologi tedeschi a Berlino, nel Pergamon Museum.

Per costruirlo, fra il 1885 e il 1888, furono espropriati e demoliti molti immobili nella zona adiacente. Sacconi non vide l'opera ultimata: morì infatti nel 1905. I lavori proseguirono sotto la direzione di Gaetano Koch, Manfredo Manfredi e Pio Piacentini e si chiusero definitivamente solo nel 1935.

Per costruire il Vittoriano l'architetto Sacconi scelse, invece del classico travertino, il marmo bianco di Botticino, estratto dalle cave dei comuni bresciani di Botticino e Rezzato: ne furono così trasportati a Roma ben 40mila metri cubi, ovvero 110 mila tonnellate, una vera montagna. Non è stato un caso. La legge promulgata nel 1878, anno della morte di Vittorio Emanuele II, per la costruzione del monumento dedicato al padre della Patria e a tutti gli eroi risorgimentali, porta la firma dell'allora potente presidente del Consiglio, Giuseppe Zanardelli: un bresciano, appunto, che aveva indubbiamente a cuore la sorte della sua provincia e appoggiò la scelta dell'architetto.

Chiuso al pubblico per decenni dopo un allarme bomba nel 1968, oggi il Vittoriano vive da tempo una seconda giovinezza, meta di turisti, luogo di arte e cultura. Le polemiche però non hanno mai smesso di accompagnarlo: l'ultima per i modernissimi ascensori in cristallo che dal 2007 permettono la salita alle spettacolari terrazze panoramiche che lo sovrastano.

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