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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2011 alle ore 08:24.

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Prenotazione hotel? Fatta (un anno fa). Cambio valigia, dai sandali della Biennale a giubbotto e ombrello? Fatta. App per iPhone, Blackberry o Android? Scaricata. Tracollina con scritto «Free Ai Wei Wei»? Pronta.
Art Basel sta per aprire, con 300 gallerie e 2.500 artisti da Europa, Asia, Africa, Nordamerica e Latinoamerica, e una rosa di eventi più ampia che mai. Ogni anno infatti la fiera d'arte di Basilea si allarga (si è anche appena comprata la quota di maggioranza della Fiera di Hong Kong), e la sua 42ª edizione promette di essere impegnativa e rivelatrice: impegnativa perché le sue molte sezioni offrono stimoli diversi, dal Novecento al work in progress, dal celeberrimo all'underground; rivelatrice perché come sempre la quantità di bollini rossi che vi si vedranno (veri o virtuali a seconda dello snobismo del gallerista) farà il punto sulla situazione del mercato e sulle quotazioni dei singoli artisti.
La sezione più grandiosa, che è anche la prima da visitare (dal secondo giorno si creano code interminabili), è la hall di Unlimited, 17mila metri quadrati per 62 installazioni, proiezioni e performance oversize, che si vedono solo qui, troppo grandi o eccentriche anche per i musei. Opere di artisti di culto come Carl Andre, Daniel Buren, Dan Flavin, Mona Hatoum, Anish Kapoor e Mario Merz sono esposte insieme alla crema della generazione ventenne-trentenne, come Allora & Calzadilla, Jacob Kassay, Robert Kusmirowski. Tra questi gli italiani Masbedo, che raccontano le contraddizioni d'Islanda con una videoinstallazione a cinque schermi realizzata con tempismo perfetto un mese prima del fallimento del «paese più felice del mondo».
Ai giovani sono dedicati i 27 stand di Art Statements: da qui sono passati per approdare al successo Ghada Amer, Vanessa Beecroft, Ernesto Neto, e queste personali propongono i pezzi più sperimentali di una mostra mercato che punta sui grandissimi nomi, molti dei quali sono proprio quelli che hanno raccolto consensi e premi in Biennale due settimane prima. Da Christian Boltanky a Carsten Holler, dal giovane georgiano Andro Wekua ai provocatori Gelitin, a Basilea ci si informa e rassicura sia sui prezzi che sui trend. Questi ultimi sembrano confermare l'attenzione ai due temi cardine del terzo millennio, l'identità personale e la crisi (non solo economica) internazionale; nella sezione contemporanea si vedranno molte opere ad alto quoziente concettuale, ma anche lavori più narrativi, che esplorano le illusioni, le ombre e le crudeltà del presente. Non mancano però l'ironia e le performance: chi sente profumo di curry segua il suo naso, e si imbatterà in Rirkrit Tiravanija che cucina uno dei suoi pezzi forti.
Le gallerie italiane sono 20 e portano in fiera i nostri Afro, Vedova, Morandi, Pistoletto, Basilico, Calzolari, Vezzoli insieme a Darren Almond, Hans Op de Beeck, Yan Pei Ming, Nathalie Djurberg, Hans Peter Feldmann e Rob Pruitt: una panoramica che rivela livello e internazionalità delle proposte. La competizione tra dealer per uno spazio a Basilea è micidiale: ogni anno sono più di 700 le gallerie respinte, e le "new entries" del 2011 solo 12.
I 70mila visitatori potranno scegliere tra l'approccio contemplativo, seguendo gli incontri "al vertice" di Art Salon, Art Conversations e Art Film, con protagonisti come Tino Sehgal, Tobias Rehberger, Yinka Shonibare, o quello partecipativo, pellegrinando giorno e notte lungo gli Art Parcours, una gimkana tra progetti site-specific di Ai Weiwei, Janet Cardiff, Joan Jonas, Ugo Rondinone, nel quartiere St. Alban. Da mercoledì l'intera Basilea si anima infatti non solo di fiere satellite (Liste, Scope, Volta, Verge, The Solo Project, PrintBasel, oltre a Design Basel) ma di grandi mostre: Brancusi e Serra alla Fondation Beyeler, Francis Alÿs allo Schaulager, Henrik Olesen al Museum für Gegenwartskunst, Ettore Sottsass in un nuovo spazio all'interno del Vitra.
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