Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2011 alle ore 08:24.

My24

Le buone commedie hanno il coraggio di essere sfacciate nella narrazione, per arrivare il più presto possibile ai momenti da commedia; e Le donne del 6° piano di Philippe Le Guay non viene meno a questo proposito. Siamo all'inizio degli anni Sessanta; Jean-Louis (Fabrice Luchini) e Suzanne (Sandrine Kiberlain) sono una coppia dell'alta borghesia parigina. La madre di lui è morta da poco, la domestica era molto affezionata alla signora e non lo è per niente alla nuora. Vive al sesto piano dello stabile, in una specie di accampamento con acqua fredda e latrina intasata, insieme a una comunità di domestiche spagnole, molto in voga nel periodo. Le donne accolgono la nipote di Concepcion (Carmen Maura), appena fuggita dalla Spagna: si chiama Maria (Natalia Verbeke), è molto giovane e molto bella. Così, la domestica anziana si affretta a insultare oltremisura Suzanne e Jean-Louis si vede costretto a licenziarla in tronco, dopo decenni di servizio. Le amiche dicono a Suzanne che le domestiche spagnole sono le migliori, che ormai tutti ne hanno una; Suzanne si presenta nella chiesa della comunità dove c'è una specie di ufficio di collocamento, e lì, tra tante, incrocia lo sguardo di Maria.
Stacco. Maria è al suo primo giorno di lavoro nella casa.
Ed è qui che comincia il film che Le Guay voleva raccontare: l'impatto di Maria sul "signore"; o, meglio ancora, l'impatto della comunità – che allora era spagnola, e oggi conta varie nazionalità in tutta Europa – al servizio della buona borghesia francese, che non si interessa ai motivi che hanno portato tutte queste donne in Francia, non si interessa alle loro condizioni di vita, al tempo libero.
In un primo momento, l'idea del cambiamento spaventa molto Jean-Louis, ma invece è proprio la novità che lo spinge a scoprire non solo la personalità attraente di Maria, ma di conseguenza, la comunità del sesto piano, dove lui non saliva da quando era un ragazzino. Tutto ciò, sospinto da un innamoramento, lo porta a studiare la lingua, a rendere più confortevole il sesto piano, a parlare di franchismo e ad aiutare le domestiche in difficoltà.
Fino a qui il film ha un andamento perfetto. Il valore di ogni commedia, consolidato con sapienza e tono giusto per due terzi del film, è nella presenza massiccia, ma in secondo piano, della malinconia. E questo film è impregnato di una malinconia vitale, che il protagonista rende spesso irresistibile. Perché è Fabrice Luchini l'anima del film di Le Guay, non solo per la precisione del personaggio che gli è stato scritto, ma per la grandezza nevrotica dell'interpretazione. Luchini prosegue la sua galleria di ritratti di adorabili antipatici, personaggi affascinanti che speri di non incontrare mai, immettendo con impercettibili movimenti fisici una nevrosi gigantesca dentro un uomo abitudinario, noioso, meticoloso. È da quella nevrosi che comincia l'uomo moderno, e cioè il viaggio di scoperta di una comunità che viveva da tempo nel superborghese palazzo parigino, ma che per arrivare sotto il suo naso doveva passare per la bellezza di Maria, per la sua solidità dolce, per i suoi silenzi e, perché no, attraverso la perfezione con cui cuoce l'uovo alla coque la mattina. «Se è poco cotto o troppo cotto, se non è perfetto, la giornata comincia male», dice il suo padrone il primo giorno di lavoro. E poi il suo sguardo diventa tenero quando il palato approva con convinzione. Maria lo conquista come donna, come domestica, come antifranchista, come lavoratrice, come proletaria, come essere umano indipendente e libero. Tutte queste cose, in ordine sparso.
Poi, da quando Jean-Louis decide di lasciare la moglie (confessandole un altro tradimento più temibile, e probabilmente falso) e di trasferirsi al sesto piano insieme alle domestiche, pur essendo un approdo della vicenda assolutamente naturale, inevitabile – e perfino il più promettente – il film diventa meno efficace, meno malinconico, più incontrollato e, nella sostanza, più banale. Come se, arrivati nella situazione perfetta, inseguita lungo tutto l'arco della narrazione, ci si rendesse conto che ormai tutto quello che c'era da raccontare è stato già fatto nella lunga (ed efficace) fase di preparazione. E oltretutto, in modo incomprensibile, ci sono da ora in poi una quantità di scene collettive in cui Jean-Louis e Maria sono presenti, ma non si rivolgono più la parola e di un accenno al loro amore non c'è più traccia, salvo recuperarlo in abbondanza nel finale.
Spostando il racconto nel 1962, quando appunto schiere di domestiche di una Spagna povera e infelice andavano a Parigi per guadagnare soldi o scappare dalla dittatura, Le Guay riconduce a una borghesia ancora solida, convinta, con caratteri che sono diventati nel tempo luoghi comuni non più raccontabili con la disinvoltura che c'è qui: i mariti stanchi delle mogli, il desiderio che è sparito da tempo; le donne della provincia che hanno accalappiato il benestante, odiano le suocere e vogliono esprimersi in qualche modo, dandosi molto da fare per non combinare nulla. Un razzismo sereno nei confronti della servitù. Si riesce così a mettere in scena una commedia piacevole ed efficace, anche se lascia un po' delusi lì dove ci si aspettava di più.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
le donne del 6° piano Francia, commedia, 106', 2011 Cast: Fabrice Luchini, Sandrine Kiberlain, Natalia Verbeke, Carmen Maura, Lola Dueñas. % %% %%

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi