Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2011 alle ore 16:26.
Anche quando non mima la guerra, come accade in ogni competizione sportiva, il gioco è spesso compagno del pericolo. Lo attesta anche la parola inglese jeopardy, che significa, appunto, pericolo (o rischio) e che deriva dall'antico francese jeu parti, gioco diviso, in cui probabilità di vittoria e sconfitta sono ripartite in parti uguali tra i contendenti.
Non tutti i giochi, però, offrono pari chance ai partecipanti: nei giochi d'azzardo, infatti, il banco finisce sempre per vincere. Su questo si fondano le lotterie e i casinò, assieme alle economie di intere città come, facendo le debite proporzioni, Las Vegas o Campione d'Italia.
Il rischio, in questo caso, attira perché lega la passione all'interesse, la speranza alla paura e la superstizione alla ragione. Il giocatore si augura di essere baciato dalla fortuna e, quando non lo è, persevera talvolta nel perdere fino a rovinarsi. Pascal, uno degli inventori del calcolo delle probabilità, è anche lo scopritore di quella curva detta cicloide o roulette, cui si applica - con ben altri intenti - lo stesso pirandelliano Mattia Pascal al Casinò di Montecarlo: «Lei sola, là dentro, quella pallottola d'avorio, correndo graziosa nella roulette, in senso inverso al quadrante pareva che giocasse» sotto gli occhi supplici degli astanti che sembrava dicessero: «Dove a te piaccia di cadere, graziosa pallottola d'avorio, nostra dea crudele».
Lo sforzo degli uomini di tutti i tempi è stato quello di prevedere il futuro, di per sé incerto, per dominarlo, evitando o minimizzando i rischi e approfittando dei vantaggi. L'interpretazione dei segni conosce una vasta gamma di metodi, dai più bizzarri a quelli che hanno una vocazione
scientifica: dall'esame delle viscere degli animali alla lettura dei fondi di caffè, dalla cartomanzia alla lettura della mano, dalla statistica al calcolo delle probabilità. Tali pratiche sono talmente antiche da essere state riscontrate in 107 tavolette d'argilla mesopotamiche contenenti un numero di circa diecimila presagi, una raccolta che prende il nome di summa alu, dalle parole dell'inizio «se una città posta su un'altura».
Giocare è sempre scommettere sul futuro, misurarsi con l'incertezza. Questa sfida genera non solo uno stato d'animo che oscilla tra un'ansia acuta e un panico voluttuoso, ma anche una particolare forma di esaltazione, caratterizzata dall'alternarsi di alti e bassi, come avviene nei cosiddetti giochi di vertigine, ad esempio nell'altalena o nelle montagne russe.
Finché si resta sul piano dei giochi d'azzardo o di vertigine, la sfida è, tuttavia, parziale e, in genere, priva di pericoli gravi. Altro è invece il rischio di quanti mettono in gioco la loro vita, di coloro che per necessità sono costretti a emigrare, a lasciare la propria casa e il proprio paese per andare verso l'ignoto.
Il primo pericolo mortale che incontrano è il viaggio per mare, affrontato su imbarcazioni precarie: nel Mediterraneo partendo dalle coste nordafricane in direzione dell'Europa, e, nel Mar Cinese Orientale, nell'Oceano indiano e nel Pacifico partendo dal Vietnam, dalla Cambogia e dall'Indonesia verso l'Australia settentrionale. Coloro che cercano di attraversare i confini terrestri corrono in genere rischi minori rispetto ai boat people, ma non è un'impresa agevole neppure guadare il Rio Grande, superare le barriere di filo spinato protette da guardie e da cani o percorrere i deserti della California o dell'Arizona, lungo la frontiera fra Messico e Stati Uniti.
Una volta giunti a destinazione, tutti si rendono conto della difficoltà di inserirsi nel nuovo ambiente e della diffidenza diffusa tra quanti li circondano. Chi li riceve sul proprio territorio pensa spesso più ai problemi che creano i nuovi venuti che alle loro difficoltà, specie quando questi ultimi sono - intenzionalmente o no - privi di documenti, indocumentados, sans papiers, illegal aliens che hanno cancellato o perduto la loro identità e rinunciato a quel minimo di protezione garantita dalle loro precedenti appartenenze statuali.
La lotteria della fortuna è, tuttavia, sempre accompagnata dalla speranza.
Anche nelle condizioni peggiori capita di essere convinti che si verrà risparmiati dalle disgrazie, che si farà parte dei salvati e non dei sommersi. Questo forse perché, secondo Freud, gli uomini non accettano intimamente la morte, come egli osservava nel 1915, riflettendo sulla guerra in corso. Ciascuno, sosteneva allora, è inconsciamente convinto della propria immortalità (l'eroismo poggia quindi, per lui, sul presupposto che nulla ti può accadere, che le pallottole che fischiano o le granate che scoppiano colpiranno sempre qualcun altro).
Ciò non è sempre vero. Benché conoscano bene il carattere aleatorio del loro destino, preferiscono il rischio alle condizioni di partenza. Giunti alla meta, sanno ormai di non trovare l'Eldorado e di dover quotidianamente lottare per la sopravvivenza. La loro partenza è spesso definitiva e la loro vita esposta a un gioco asimmetrico, in cui le perdite sono di norma decisamente superiori alle vincite.
©RIPRODUZIONE RISERVATA