Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2011 alle ore 18:08.

My24
Da Ground Zero al ParadisoDa Ground Zero al Paradiso

Antonio Paradiso divenne un guru dell'arte contemporanea quando mise in scena – era la Biennale di Venezia del 1978 - lo spettacolo del possente toro (vivo) denominato Pinco intento a montare una vacca meccanica al fine d'inseminarla artificialmente.

Fu uno choc che turbò la quiete di un pubblico ancora poco avvezzo al surrealismo traumatico e Paradiso finì col precorrere di circa un trentennio temi come la mortificazione del creato, il copyright sulla vita, la mutazione in quanto status permanente. A quell'epoca, egli stesso - quasi a giustificarsi - candido dichiarò: «Sono decenni che i tori non vedono più una femmina vera». Finì che il nostro s'impose quale ultimo cantore del ritualismo magico meridionale al tempo del postmoderno trash.

Oggi, questo poliedrico artista pugliese settantacinquenne continua a essere mosso da una vitalissima inquietudine tanto da spingersi fino a New York per recuperarsi i pezzi del massimo feticcio di sangue e morte del XXI Secolo - le torri gemelle del World Trade Center, abbattute l'11 settembre del 2001 – con l'intento di plasmare quei rottami a guisa di opera d'arte spirituale, nella speranza di «toccare l'infinito».

«Ho caricato 20 tonnellate di putrelle in un container da 12 metri – riferisce Paradiso – senza alcun tipo di diffidenza da parte delle autorità americane, poiché c'era il beneplacito del giudice federale. Avevo fatto domanda circa un anno e mezzo prima, quando ho saputo che donavano questo materiale a musei, artisti e istituzioni (una quarantina in tutto, a fronte di 9000 richieste giunte da ogni parte del mondo, ndr) ma non pensavo che sarei stato scelto e per giunta come unico rappresentante italiano…».

Così è nata questa sua «Ultima cena globalizzata», realizzata con le sbarre d'acciaio contorto che un tempo costituivano l'ossatura delle famigerate torri. Ri-plasmate fino a ottenere Cristo e gli Apostoli in una sorta di danza ascensionale macabra e celeste al tempo stesso. «Dopo la fine c'è sempre un nuovo inizio. Anche il seme del grano, quando la pianta muore, cade nella terra e con la complicità di questa rinasce, tendendo verso il cielo, alla ricerca di luce…» chiosa Paradiso, archetipo dell'artista-contadino ormai in via d'estinzione.

Ad aggirarsi tra le lamiere si viene subito inondati da uno strano odore di carne bruciata. Il quale, però, lascia subito posto all'inebriante profumo del timo serpillum, tipico della Murgia materana (qui, ai bordi della Città dei Sassi, Paradiso ha acquistato una suggestiva cava abbandonata per farne il caveau che custodisce i suoi tesori plastici). Intanto, la vita - grazie all'arte - si è già riappropriata di quella ferraglia raccapricciante: piccole lumache ci soggiornano sopra, avendo fatto della polvere di ruggine newyorkese il proprio habitat naturale.

A settembre, poi, il tutto sarà portato a Milano, dove, in occasione del decennale dell'attentato che ha aperto il terzo millennio all'insegna del terrore, si aprirà una grande mostra commemorativa.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi