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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2011 alle ore 08:17.

Che sorpresa I due Figaro di Saverio Mercadante. Parte da Rossini, si intreccia su una trama che è il seguito di Mozart, ma poi prende una strada tutta sua. Il cuore batte spagnolo, con ritmi indiavolati e bizzarrissimi; il canto si piega a malinconie, ma chiede tensione e acrobazie. L'orchestra dei magnifici Cherubini ha fogge sinuose, incalza, scalpita. I concertati osano lunghezze spericolate. Rimasta in silenzio per quasi due secoli, in una biblioteca di Madrid, l'opera debutta in Italia, punta di diamante del Festival di Ravenna, perché a dirigerla c'è Muti, che ci crede dalla prima all'ultima nota. La plasma in ogni dettaglio e tra le righe ci sembra la elegga a esempio di una possibile via nuova per leggere anche Rossini.
Riscoperta fortunosamente da un giovane musicologo torinese, Paolo Cascio, la dimenticata creatura del giovane Mercadante – catalogo ricchissimo, nemmeno una decina i titoli andati in scena nel Novecento – diventa l'approdo più autorevole e originale dell'audace percorso di riscoperta del Settecento napoletano avviato tra Ravenna e Salisburgo: cinque anni cinque titoli, cinque autori. Non una integrale, ma un giardino eletto, dove per esempio si racconta uno dei capitoli più avventurosi e internazionali della cultura italiana.
La storia è un intreccio di maschere e inganni, il fine il matrimonio della ambita figlia del Conte. Ma il pretesto del talamo diventa occasione per riflessioni sull'amore e il tempo, in una dichiarata guerra tra i sessi di stampo tutto ancora illuministico. Perfetto a dipanare la vicenda, l'impianto scenico di Daniele Bianco: un cortile cinto da sottili colonne, dove il regista Emilio Sagi fa appoggiare, nascondere, intrecciare gli otto protagonisti. Qui cantanti tutti giovani, voci e presenza in bella gara, valorizzati dai costumi eleganti di Jesus Ruiz. Ma al di là della bravura, interessanti sono i caratteri plasmati: lunare il Conte, l'autorevole Antonio Poli, distratta la Contessa, Asude Karayavuz, maliziosa come si conviene Susanna, Eleonora Buratto, inquieta come il padre Ines, la figlia da maritare, Rosa Feola. E infine ribaldo ma poco astuto Figaro, Mario Cassi, spiazzato dal Figaro n.2, Annalisa Stroppa: bravissima, amorosa e controllata, nel ruolo chiave del vincitore. Che non è più Figaro, roba vecchia. Ora il futuro – insegna Mercadante – è di chi è giovane e osa, come Cherubino.
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«I due Figaro»
di Mercadante; direttore Riccardo Muti, regia di Emilio Sagi; Ravenna, Teatro Alighieri, oggi ultima replica.

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