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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2011 alle ore 10:10.

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Shia LaBeouf e Rosie Huntington-Whiteley in una scena di Tranformer 3 di Michael BayShia LaBeouf e Rosie Huntington-Whiteley in una scena di Tranformer 3 di Michael Bay

La guerra cinematografica per la conquista del box office estivo entra ufficialmente nel vivo. Dopo «Cars 2», uscito lo scorso weekend con ottimi risultati, e in attesa di «Harry Potter e i doni della morte-Parte II» che riempirà i cinema di tutto il mondo dal 13 luglio, questa settimana arriva nelle nostre sale un altro titolo pronto a sbancare i botteghini: «Transformers 3» di Michael Bay.

In questo terzo capitolo di una delle saghe più fortunate del nuovo millennio (i primi due film hanno incassato oltre 800 milioni di dollari solo sul mercato americano), le vicende dei Transformers si legano nientepopodimeno che allo sbarco sulla Luna del 1969: qui gli astronauti statunitensi trovarono i resti di un enorme robot alieno, la cui scoperta rimase segreta per oltre quarant'anni.

Al termine di questo affascinante incipit, il film torna a seguire la struttura narrativa dei due capitoli precedenti con il giovane protagonista Sam Witwicky (interpretato da un sempre mediocre Shia LaBeouf) nuovamente pronto ad aiutare gli Autobot nell'eterna lotta contro i Decepticon.
Nonostante una sceneggiatura spesso inesistente, che si trascina stancamente per i suoi lunghi 157 minuti di durata, «Transformers 3» ha però in uno straordinario apparato visivo il suo grande punto di forza.

Michael Bay trascina il pubblico in una pura esperienza sensoriale, composta da riprese lunghe alternate a un montaggio serrato, dove la dinamicità dell'azione e il senso di vertigine che si vuole trasmettere può essere sentito dagli spettatori direttamente sul proprio corpo.
Per gli amanti della stereoscopia, e non solo, «Transformers 3» ha la miglior resa 3d del periodo post-«Avatar» e, caso più unico che raro, vale davvero il (sovra)prezzo del biglietto. (trailer)

Su un altro piano, sia per pretese che per pubblico di riferimento, è «Cedar Rapids», commedia americana a basso budget diretta da Miguel Arteta e interpretata da Ed Helms, che torna sui nostri schermi dopo il grande successo di «Una notte da leoni 2».

L'attore veste i panni di Tim Lippe, un ingenuo agente assicurativo che non è mai uscito dalla sua cittadina natale nel Wisconsin. Quando si troverà costretto, per salvare la compagnia per cui lavora, ad andare a un convegno a Cedar Rapids, in Iowa, conoscerà un gruppo di persone molto diverse dai suoi concittadini.

Come si evince dalla trama, l'originalità non è il punto di forza di quest'opera e sorprende la scelta di distribuirla nel nostro paese. Poco credibile e privo di mordente, «Cedar Rapids» rischia davvero di lasciare ben poco agli spettatori al termine della visione.(trailer)

Fra le uscite di questa settimana va anche segnalato «Giallo», l'ultima fatica di Dario Argento che trova finalmente una distribuzione cinematografica, a due anni dalla sua presentazione al Cannes Film Market.

Il regista romano sceglie una storia che rimanda ai suoi esordi degli anni '70 ma la mano è decisamente diversa, a partire dal titolo piuttosto grossolano. «Giallo» si rifà a una messa in scena di stampo televisivo, con sprazzi di violenza gratuita e interpretazioni attoriali di scarso spessore, mal sostenute da una sceneggiatura spesso scontata, che rischia involontariamente di rendere l'opera dell'ormai ex "maestro del brivido" un film più comico che inquietante. (trailer)

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