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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2011 alle ore 20:41.

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Nato 56 anni fa a Cefalonia, Dimitris Galiatsatos ha sempre avuto un rapporto privilegiato con l'Italia. Prima di tutto per l'atmosfera che ha respirato fin dall'infanzia per via della vicinanza culturale, oltre che geografica, della sua terra natale con la nostra Penisola. E poi grazie alla lunga permanenza a Roma che è servita a cementare questo vincolo umano ed artistico.

Oggi, dopo che Galiatsatos ha ricevuto la cittadinanza italiana, una mostra dedicata alle sue opere sta effettuando un lungo tour della Penisola. Punto di partenza, scelto dall'autore stesso, è stato Taormina, prima colonia greca in Italia, da dove l'esposizione è partita nel 2009. Poi la rassegna si è spostata verso nord, passando per Bari, Napoli, Roma e Torino, fino ad approdare a Milano dove fino al 24 luglio è in cartellone allo Spazio "PWC Experience", in via Monte Rosa 91. Un altro capitolo, insomma, del lungo iter espositivo che si concluderà l'anno prossimo a Venezia.

La mostra permette di gettare uno sguardo su una parte della cospicua produzione di un artista che parla con un linguaggio misterioso, capace di sfuggire ad ogni classificazione. Legato nella sua espressione alla sfera emozionale, unisce vocazione materiale e pratica pittorica, dando vita ad opere che evocano simboli e significati arcani, come attingessero ad un universo segreto. Se il suo cammino sembra muovere dall'Arte povera, è difficile inserirne la parabola in un'area precisa. Meglio scindere gli elementi e scomporre gli influssi alla ricerca di discrepanze e fratture.
Evocazioni e simbologie che rimandano al mito, fluttuazioni di luce, inserti materici eterogenei sono alcuni degli elementi dell'arte di Galiatsatos.

L'allestimento della rassegna segue un flusso diacronico, tracciando un percorso denso di segni e di significati che diventa un cammino nella memoria più profonda e collettiva in cui sedimentano Cefalonia e l‘Italia.
L'accecante bagliore del sole allo zenit impregna le superfici increspate dell'oro mentre il colore, si rapprende, nelle sue tinte terrose, all'interno delle fenditure degli oggetti. Opere costruite con inserti materici di vario tipo ( per esempio sabbia o legno) restituiti all'espressività primaria e all'immediatezza tattile. Il risultato, che tradisce la suggestione e l'influenza esercitata su Dimitris dalle icone bizantine, è quello di una figurazione carica di intensità esistenziale, che sembra emergere da una dimensione arcana, dove dimora il mito.

Ma, in fondo, per spiegare la sua arte è meglio usare le parole dello stesso Galiatsatos. «La mia isola era povera e bella, pietrosa e dolente. Sono come la mia terra e tento di raccontarla con la mia arte che è per me un dono del mistero che tutto anima».
Dimitris Galiatsatos
Spazio "PWC Experience" Via Monte Rosa 91, Milano. Fino al 24 luglio

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