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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2011 alle ore 08:17.

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Nell'anno spartiacque 1960, l'edizione italiana delle Erinnerungen di Alma Mahler segnò nel nostro Paese la linea confinaria tra Antico e Nuovo Testamento in materia di conoscenza mahleriana, e trasformò, se non addirittura sconvolse, la vita di alcuni, fra i quali chi scrive questa nota. Chi avrebbe immaginato, allora, che mezzo secolo dopo, e sia pure nel circoscritto ambito di chi ama la musica "forte", la passione per Mahler sarebbe divenuta un morbo insidioso, un virus, un'epidemia, dilagante a Cagliari come a Dobbiaco, in Val d'Aosta come in Friuli?
Per esempio, a Bari. Sì, è una città in cui l'ambiente musicale è vivacissimo. Il Conservatorio ha i suoi problemi, come ogni luogo d'Italia in cui si coltivi musica, ma l'impulso eterodosso e mercuriale di Nino Rota direttore vi si avverte ancora, i suoi successori hanno combattuto e combattono con energia. Nominiamo a caso musicisti giovani dai 45 in giù, ed ecco chiamati all'appello grandi talenti (Emanuele Arciuli, Angela Annese, Carmine Scarpati, Giovanna Bucarella, la più giovane Serena Soccoia, e altri del pari meritevoli di ammirazione). Il Petruzzelli è rinato e splende, il Piccinni ha tenuto valorosamente in vita l'attività teatrale in anni di cenere. Gemma delle gemme, emana luce il Collegium Musicum diretto da Rino Marrone. La musicologia ha limpidi protagonisti: Pierfranco Moliterni, Dinko Fabris, gli estrosii Durante...
Ma oggi ci sorprende un'altra figura: una studiosa solitaria, orientatissima sulla mappa della ricerca, della lettura di testi, delle lingue straniere necessarie alla conoscenza, il tedesco in primis trattandosi di Mahler, eppure riservata all'estremo, e, diremmo, "autosufficiente", se la parola, applicata all'attività culturale, non fosse un ossimoro, o addirittura un adynaton. Di Adele Boghetich, austriaca di nascita e residente a Bari da molti anni, conoscevamo le linee essenziali della formazione: diploma in pianoforte, laurea all'Università di Bari (dove, non dimentichiamolo, la ricerca musicale s'intreccia con la germanistica grazie alla personalità di Giuseppe Farese), attività didattica molteplice e generosa di energie e iniziative. Di lei avevamo scoperto l'irrefrenabile trasporto per Mahler (e che altro potrebbe essere la passione per Lui, se non incontenibile?) leggendo il suo libro Amore e solitudine in Gustav Mahler di Rückert-Lieder (2007). Ora Adele Boghetich pubblica un saggio parallelo al precedente, più compiuto e dotato di essenzialità scientifica, dedicato all'altra aurea catena di Lieder mahleriani, quelli composti su testi tratti dall'antologia di poesie anonime e semi-popolari risalenti all'atroce Guerra dei Trent'Anni, intitolata Des Knaben Wunderhorn (Il corno magico o: la cornucopia del fanciullo), pubblicata nel 1806-1808 dai curatori Achim von Arnim e Clemens Brentano, grandi poeti romantici e tra loro cognati, avendo Arnim sposato la famigerata Bettina sorella di Brentano. L'autrice analizza ciascun Lied con amore e partecipazione, anzi, con identificazione, riversando su ciascuno la dovizia delle sue conoscenze storiche, filologiche, linguistiche. Sa ricreare l'aura della musica con le sole parole. Abbiamo letto questo libro con ammirazione, quasi con stupore: può esistere ancora tanta illuminata e chiaroveggente dedizione a un oggetto intellettualmente amato, in una cultura malata di cinismo e impantanata nella palude dell'Avere? Ecco un libro indispensabile a ogni italiano che non possa vivere senza Gustav Mahler.
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Adele Boghetich
Gustav Mahler e il mondo
incantato del Wunderhorn
Florestano, Bari
pagg. 388, € 28,00

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