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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2011 alle ore 22:53.

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Alberto Savinio, «Il sogno del poeta» (Bridgeman-Alinari)Alberto Savinio, «Il sogno del poeta» (Bridgeman-Alinari)

La poesia sembra perpetuamente in crisi, eppure senza meravigliare nessuno, riesce sempre a sopravvivere. Forse perché sono un poeta, credo che la poesia – a differenza della narrativa, che immagina il nostro comportamento umano nel quadro di un contesto sociale – ci offra una prospettiva sui nostri sentimenti o, per la precisione, su come ce li rappresentiamo. In altre parole, la poesia, al contrario della narrativa, procede dall'interno all'esterno, esteriorizza la nostra interiorità.

È una cosa curiosa: la vita che conduciamo ci consente solo di rado di fermarci a riflettere su ciò che abita nel nostro corpo e, di conseguenza, possiamo diventare così estraniati da noi stessi da aver poi bisogno della poesia per ricordarci che cosa si prova a esser vivi. La nostra abitudine a pensarci in relazione agli altri e a giudicarci in base a come agiamo in un contesto sociale ci rende più vicini allo spirito della narrativa: il comportamento esteriore è più facile da osservare, può essere percepito immediatamente, ed è quindi più semplice giudicarlo.

Non è invece altrettanto facile cogliere il contesto della poesia, che consiste nella sua stessa storia o, meglio, nel modo in cui tutti i componimenti poetici del passato hanno cercato di rappresentare il significato dell'essere umani. Anche se è certo vero che alcune poesie possono essere inquadrate in un determinato orizzonte sociale, per quanto riguarda la poesia lirica – quella di cui ci stiamo occupando – è più probabile che il suo contesto sia tale da trascendere le immediate circostanze politiche e sociali in cui è stata concepita.

Quando scegliamo di leggere una poesia anziché un'altra, ciò che ci attira è il suono, lo stile della voce del suo autore; e se il poeta è grande, la sua voce, per quanto nata in un particolare periodo, sembrerà trascendere il tempo. Una poesia, tuttavia, avrà necessariamente un'esistenza nel tempo, se non altro per il modo in cui si relaziona alle opere precedenti, assieme alle quali viene a formare un lungo specchio ininterrotto che, nel fluire dei secoli, ritrae la soggettività umana.

È curioso notare come i sentimenti, pur accompagnandoci sempre, siano così difficili da cogliere da sembrare qualcosa di effimero. In genere vi prestiamo attenzione quando si fanno avanti con impellenza, nei momenti critici, quando è più forte l'esperienza della perdita: durante una separazione, per esempio, o in seguito alla morte di una persona cara. È allora che ci rivolgiamo alla poesia perché ci dica quali sono i nostri sentimenti, per mettere in parole ciò che supera la nostra capacità di articolazione.

Inoltre, la poesia ha la capacità di conservare il senso di urgenza di tali momenti, permettendoci di riviverli più e più volte: anche quando una poesia è incentrata sulla perdita, il suo scopo è quello di conservare, di trattenere. Vogliamo serbare ciò che sentiamo nel profondo ma in un modo tale da trasformarlo in piacere. Così, paradossalmente, la poesia riesce a comunicare gli eventi tristi in un modo piacevole, armonioso, da ricordare; ci consente di rivivere un'esperienza senza dover per questo riaffrontare gli inconvenienti della situazione originale.

Qualcuno obietterà che gran parte della poesia contemporanea non assolve affatto a questo compito: il senso di urgenza che dovrebbe guidarla e animarla sembra oggi assente.

Tuttavia, se vogliamo dare un giudizio sul valore della poesia contemporanea, non dobbiamo basarci sui suoi esempi più deboli, così come non lo facciamo per quella del passato. Dovremmo tenere a mente che ogni epoca ha criticato la propria poesia, dicendo che non reggeva il confronto con le grandi opere dei secoli precedenti; chi si lamenta della poesia di oggi, quindi, non fa altro che portare avanti questo stesso rituale di accuse.

Non c'è ragione di credere che la poesia odierna sia in declino, che sia arrivata al capolinea e che sia ormai condannata al l'irrilevanza. Non so in Italia, ma negli Stati Uniti il numero di persone che scrivono poesie è più alto che mai, e questo nonostante il fatto che le distrazioni che ci allontanano da noi stessi siano oggi molto più numerose e potenti che non in passato. Ma forse è proprio questa la ragione della crescente popolarità della poesia: gli uomini vogliono ricordarsi chi sono, vogliono fare esperienza della loro umanità, ossia della loro capacità di provare sentimenti. La poesia rappresenta quindi una difesa contro la dipendenza anestetizzante dagli slogan e dai cliché che contraddistingue la società, contro la povertà di linguaggio dei nostri politici e dei nostri telegiornali. In ogni epoca, essa offre nuovi modi per dire ciò che ha sempre detto e per ricordarci che, ieri come oggi, siamo sempre esseri umani.

(Traduzione di Daniele Didero)

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