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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2011 alle ore 08:15.

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La sala Enel del Macro è completamente oscurata, tranne un po' di luce per chi percorre la passerella sospesa. È una delle 16 ultime mostre ideate da Luca Massimo Barbero, che in soli due anni ha aperto il nuovo Macro, ridandogli l'attenzione del mondo dell'arte e della città, e che ora passa il testimone a Bartolomeo Pietromarchi, in carica da lunedì scorso. Dentro c'è un ambiente nero, attraversato da una nube di cavi elettrici che si compongono in dodecaedri. Appaiono e scompaiono, rivelati da sei proiezioni luminose nascoste fra le cellule. Siamo nel regno degli opposti: nero-bianco; energia-stasi; realtà-utopia. Eppure a Tomas Saraceno (1973, Tucuman, Argentina) non piace la dialettica, preferisce una visione più conciliante come quella di Bruno Latour, per cui non esiste una discriminazione netta tra naturale e artificiale, ma la realtà è un network in cui dobbiamo costantemente ridefinire la nostra posizione. Per questo non ama chi cerca un senso univoco dei suoi lavori, crede che nessun punto di vista sia più vero dell'altro, adora Stephen Hawking e la sua visione realista del mondo, e propone progetti che spiega solo in parte, perché «almeno un 50% deve essere lasciato all'interpretazione».
Ha studiato con Peter Cook, fondatore degli Archigram, da lì il fascino per Buckminster Fuller e le sue teorie visionarie, per le architetture mobili di Yona Friedman, per una figurazione appropriata all'era spaziale, e un approccio high-tech che gli consente di sperimentare nuovi materiali. Così sono nate le sue prime membrane in pvc sospese a sei metri da terra, che permettono ai visitatori di galleggiare nel vuoto, o i giardini che gravitano dentro sfere di aerogel, la passione per la biomimetica, fino alle sue ultime Spiders' webs e Cloud cities. Si ritrova nell'idea di tempo di Bergson, soprattutto in questa installazione, dove, grazie agli effetti luminosi creati dai video astratti proiettati sul lavoro, passiamo da un tempo materiale dell'opera, a un tempo dell'universo, instaurando un legame tra la nostra coscienza e il resto della natura. I video, infatti, non sono altro che la sequenza visiva del movimento del vento nel deserto a nord del Brasile, ci suggeriscono una sensazione fisica e uditiva, ma immettono un elemento visivo nel lavoro (la luce e le ombre), permettendoci di cogliere diverse situazioni simultaneamente. Siamo in un deserto di sabbia, nello spazio cosmico e all'interno di un museo. Tutto questo rimanda a Robert Smithson e la sua idea di architettura entropica, destinata cioè ad accogliere il tempo e le sue leggi. Lì si teorizzava la site-specificity. Per il futuro, ci dice Saraceno, sarebbe meglio parlare di cloud-specificity, dare la possibilità all'opera di cambiare, di muoversi, di stratificarsi in forme e nomi diversi, proprio come le nuvole, pur mantenendo la sua identità. Oltre la provenienza geografica, politica, culturale, verso un'identificazione fra la terra e l'aria. Proprio come nella pampas dove è nato, ma lui, che si sente nomade inquieto, non sa se è corretto parlarne. Del resto Benjamin ci dice che solo attraverso le figure del mondo possiamo tracciare un ritratto dell'uomo, ed è nel passaggio tra la terra e l'aria, nella capacità di elevazione, di cambiamento di stato che si ha nelle opere di Saraceno, che possiamo intendere il passaggio da una vita a un'altra, o semplicemente da una visione a un'altra. Non è facile unire rappresentazione e astrazione in maniera così sintetica, Saraceno ci riesce ammaliandoci con le sue strutture vibranti; in lui c'è il grafismo elegante di alcuni ambienti di Jesús-Rafael Soto, il sogno di un padiglione galleggiante, ma anche la memoria delle visioni utopiche di Torres García, che già negli anni Quaranta propose di ribaltare nord e il sud del mondo. In uscita a settembre due nuovi libri sul suo lavoro (14 Billions e Cloud Cities Air-Port-City), speriamo, «perché darò l'ok solo se aggiungono qualcosa di nuovo, non ha senso pubblicare un libro, se è solo un libro».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tomas Saraceno Cloudy Dunes
MACRO, Roma, Sala Enel
fino al 9 ottobre

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