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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2011 alle ore 20:01.

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Scrivo questa nota per raccontare quanto è successo a Umbria Jazz fino a poche ore prima che nel "main stage" dell'Arena Santa Giuliana di Perugia, capace di migliaia di persone, la musica cambiasse per l'arrivo di Santana, Liza Minnelli, Prince e altri. Venerdì scorso. annunciando l'improvvida apertura del festival 2011 affidata a Emerald Caro, un settimanale ha titolato <Aspettando il Principe, Umbria Jazz ha la sua Regina». Se lassù c'è Qualcuno, chissà che lo perdoni, ma sarà molto difficile.

E' arrivata dunque anche a Perugia la giovane pianista giapponese Hiromi in trio con Anthony Jackson contrabbasso e Steve Smith batteria, molto discussa da chi l'abbia già ascoltata di recente qua e là in Italia e altrove. Sembra proprio che non ci siano altre possibilità di appello: Hiromi ha una rara abilità mauale che le consente volate velocissime sulla tastiera e facili ovazioni, ma la sua tecnica è inversamente proporzionale al gusto e alla capacità espressiva. Suona soprattutto brani di sua composizione, azzarda la Sonata Patetica di Beethoven, conclude con I Got Rhythm di Gershwin che assicura applausi a chiunque, ma chi se ne intende ribadisce che trattasi di un fenomeno circense in grado di suscitare stupefazione adeguata.

Guarda caso, subito dopo di lei sale sul palcoscenico il suo mèntore più acceso, il pianista Ahmad Jamal con James Cammack contrabbasso, Herlin Riley batteria e Manolo Badrena percussioni. Il clima cambia subito: Jamal è uno dei virtuosi storici del jazz ed è il fondatore, più di mezzo secolo fa, del classico trio jazz formato da pianoforte, contrabbasso e batteria con i tre strumenti intesi come fonti di suoni paritetici (interplay).

Le mani di Jamal sono sempre quelle, capaci di tocco splendido e di emotività intensa, ma forse il maestro non è in serata, o forse gli 81 anni compiuti in questi giorni (auguri) cominciano a farsi sentire. Ha proposto brani suoi mai uditi prima (ma non è mancato il notissimo Poinciana) e ha lasciato spazi insoliti ai collaboratori, quasi per rifiatare.

Ecco poi, al Teatro del Pavone, la conferma della vocalist Simona Severini in quartetto con Antonio Zambrini pianoforte. Per i 150 anni dell'Italia, i musicisti italiani ai quali il Pavone è riservato, devono eseguire una loro interpretazione creativa dell'Inno nazionale. Simona sceglie di eseguirlo in solo a cappella ed è bravissima. Il resto del concerto, che ha in programma musiche di Fauré cantate in francese, è di alto livello e apre alla protagonista brillanti prospettive. Durante un'esibizione pomeridiana Umbria Jazz conferisce un premio quanto mai meritato al pianista Franco D'Andrea che ricambia con una première del suo Three (Daniele D'Agaro clarinetto, Mauro Ottolini trombone). La formazione inconsueta esplora temi di autori tradizionali e moderni (Armstrong, Ellington, Monk, Tristano e altri) con ammirevole originalità. In serata Branford Marsalis, il maggiore dei quattro celebri fratelli musici, offre musica molto raffinata in duo con Joey Calderazzo al pianoforte e poi in quartetto, ma i suoni si disperdono nella vastità dell'Arena Santa Giuliana. Peccato. Ripara ma non troppo un ottetto di vecchie glorie del jazz europeo, fra cui Jiri Stivin e Alan Skidmore, privi di un progetto che abbia un sapore benché minimo di novità.

Una buona promessa è, come solista e come compositore, il sassofonista Matteo Cigalini, mentre il "vecchio" Claudio Fasoli, sax tenore e soprano, prosegue imperterrito e coerente con la sua musica per musicisti e per intenditori. Entrambi hanno lavorato in quartetto con lo straordinario Yuri Goloubev al contrabbasso. A guisa di codicillo, rendo noto che in occasione dei concerti di Santana e di Prince (il Principe atteso, appunto) l'Arena viene totalmente privata delle poltroncine. Gli spettatori pagano euro 51 per Santana e 75 per Prince restando stipati in piedi. I giovani ci sono abituati; i meno giovani – che apprezzano i due musicisti da qualche anno di più – gradiscono assai meno, ma così vogliono i contratti.

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