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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2011 alle ore 16:15.

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Roger Scruton, La bellezza. Ragione ed esperienza esteticaRoger Scruton, La bellezza. Ragione ed esperienza estetica

Forse il New Yorker peccò di entusiasmo definendo Roger Scruton «il più influente filosofo al mondo». È però indubbio che l'acutezza del pensatore britannico è ormai riconosciuta da più parti, anche lontane dalla sua sensibilità politica.

Ad alti contenuti Scruton accompagna sempre una fluidità dello stile e una semplicità dell'esposizione che rendono comprensibile e godibile il discorso anche ad un pubblico di non addetti ai lavori. Così é stato in ogni sua opera, sia che si occupasse del valore dell'arte venatoria come delle basi del conservatorismo, di globalizzazione come di filosofia del vino.

Lo stesso avviene in «La bellezza», appena pubblicato da Vita & Pensiero: una ricognizione sul significato della bellezza e sul suo rapporto con la nostra vita quotidiana. Pur richiamandosi agli autori fondamentali che si sono occupati del tema (Platone, Burke, Kant, Croce) e salvando il salvabile nelle loro teorie, Scruton non ha scritto un prolisso ed accademico trattato di Estetica.

Sua preoccupazione principale è stata quella di rivendicare per la bellezza «un valore reale e universale, radicato nella nostra natura razionale», una potenza trascendente che confina con il sacro e la religione. Il filosofo ha cercato e trovato la bellezza nell'eros, nei paesaggi naturali incontaminati come in quelli modificati dall'uomo, nell'armonia della vita quotidiana (il semplice gesto dell'apparecchiare la tavola), nella moda. Ovvio campo privilegiato di indagine è stato quello artistico.

Scruton polemizza con ogni relativismo in merito: non accetta che i Radiohead possano essere messi sullo stesso livello di Brahms. Ma a preoccuparlo é soprattutto "la fuga dalla bellezza" che infesta l'arte contemporanea da quando il vespasiano di Duchamp ha negato ogni sacralità artistica. Se la pornografia ed il kitsch imperano (come riflessi della "disneyficazione della fede" con i suoi "stereotipi melensi") l'unica strada percorribile rimane segnata dagli intellettuali modernisti del Novecento: Eliot e Pound riconducono "l'impresa artistica al suo implicito scopo spirituale", recuperando la tradizione "in circostanze a cui l'eredità artistica non ha provveduto o quasi". Nell'incontro fra eredità culturale e viva partecipazione ai problemi del presente è ancora possibile il Bello.

Roger Scruton, La bellezza. Ragione ed esperienza estetica, Vita & Pensiero, pag.183, euro 16

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