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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2011 alle ore 08:17.

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Russo di nascita, venuto dall'alta borghesia di San Pietroburgo. Italiano, anzi romano d'adozione. E, naturalmente, eclettico: ottimo musicista, filologo raffinato, amatore d'arte. La biografia di Vladimir Zabughin – morto a soli 43 anni, nel 1923, in un incidente alpinistico – è di per sé un invito allo spaesamento. Dopo gli studi classici e il conservatorio in patria, il giovane Vladimir si trasferì a Roma nel 1903, per perfezionarsi in letteratura umanistica. Poi la crisi mistica, che gli fece abbandonare la Chiesa ortodossa per quella cattolica, e l'avvio di una carriera universitaria nel nostro Paese. Tornato a San Pietroburgo nel 1917, per svolgere una missione di mediazione diplomatica per conto del governo italiano, fu testimone dell'assalto al Palazzo d'Inverno, e della presa di potere di Lenin, da lui definito uomo di «caparbietà permalosa» e «testardaggine settaria». Per Zabughin, religiosissimo e allo stesso tempo un po' dandy, la Russia rivoluzionaria era ormai «una terra straniera... dimentica della carità», in cui non avrebbe mai più messo piede.
Gli ultimi anni della sua breve vita furono dedicati allo studio della tradizione umanistica, fino al grande affresco, contenuto nella Storia del Rinascimento cristiano in Italia, uscita postuma nel 1924 e ora riproposta e annotata da Bruno Basile. Quella di Zabughin è una storia polemica, uno scorcio alternativo sulla cultura del Quattro e del Cinquecento. In un'epoca dominata dall'interpretazione pagana e laica della civiltà del Rinascimento, la stessa definizione di «Rinascimento cristiano» suonava come un ossimoro provocatorio: Benedetto Croce la definì, acidamente, «una scempiaggine». Con l'azzardo dell'outsider, e l'indipendenza critica che gli permetteva la sua formazione eterogenea, Zabughin ebbe il merito di raccogliere un dossier di temi e fermenti religiosi umanistici, convinto com'era che il Rinascimento fosse «un precipitato chimico di classicità e medioevo cristiano». Certo, in qualche caso, lo storico russo si lascia prendere la mano dalla passione polemica, come quando, a proposito di Giovanni Pico, parla di una «tollerantissima inquisizione quattrocentesca», o quando nega che Francesco Colonna, l'autore della Hypnerotomachia Poliphili, abbia mai voluto «esser pagano», pur propugnando in ogni pagina del suo libro una voluttuosa religio Veneris. Nell'insieme, tuttavia, il metodo paradossale di Zabughin, e la sua insistenza sulle contraddizioni e le polisemie del pensiero rinascimentale sono ancor oggi una lezione di libertà intellettuale.
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Vladimir N. Zabughin, Storia del Rinascimento cristiano in Italia, a cura di Bruno Basile, La Scuola di Pitagora, Napoli, pagg. 432, € 30,00

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