Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2011 alle ore 16:47.

My24
Roman Opalka (Afp)Roman Opalka (Afp)

«Tremando per la tensione davanti alla follia di una simile impresa, immergevo il pennello in un vasetto e, sollevando leggermente il braccio, lasciavo il primo segno, 1, in alto a sinistra, all'estremità della tela, perché non rimanesse nessuno spazio fuori dall'unica struttura logica che mi ero dato».

Così l'artista polacco Roman Opalka commentava l'incipit del suo progetto creativo - un progetto durato tutta la vita - interrotto lo scorso 6 agosto, perché il dio Crono, con cui l'artista aveva ingaggiato una sfida, ha avuto il sopravvento. Venti giorni prima di compiere ottant'anni - a Venezia, dove è in corso una sua personale presso la Galleria Michela Rizzo (www.galleriamichelarizzo.net), si sarebbe festeggiato l'evento - Opalka è morto a Chieti, dov'era in villeggiatura.

Nato in Francia il 27 agosto del 1931, l'artista di origine polacca si trasferì a Varsavia insieme alla famiglia nel 1946 dove studiò presso l'Academy of Fine Arts. Prima di traferirsi nuovamente in Francia, nel suo studio di Varsavia inaugurò il suo progetto di vita OPALKA 1965/1-∞, un lavoro con il quale l'artista ha votato la sua esistenza al tentativo di intrappolare lo scorrere del tempo. Un processo affascinante che consiste nel dipingere su tele di dimensioni sempre uguali (196x135 cm) con il colore bianco la numerazione progressiva crescente di numeri razionali interi dal numero 1, all'infinito.

Alla superficie di fondo, inizialmente nera, viene aggiunto a ogni nuova tela un centesimo di bianco così che, con il fluire dei giorni, si ha l'impressione che i numeri, scritti dall'angolo in alto a sinistra verso destra, si confondano a poco a poco con il nitore delle tele. Terminato ogni quadro, ognuno è chiamato Détail, la numerazione prosegue su un'altra tela. Dal 1972 introduce una variante al suo rituale: ogni sera, a fine lavoro, scatta un autoritratto fotografico in bianco e nero - sempre alla stessa distanza dall'obiettivo, nella stessa posizione, con la stessa espressione - e un registratore fissa la sua voce mentre pronuncia i numeri dipinti.

Al progressivo sbiadire delle tele (per la quantità sempre maggiore di bianco posto sullo sfondo) corrisponde lo sbiadire di un volto scavato e logorato dalla vecchiaia. Sguardo fisso, frontale, inespressivo: quasi delle sculture - ieratiche e solenni, molto simili a quell'Auriga di Delfi che un giorno intrappolò l'attenzione dell'artista polacco - che sanno indagare la dimensione temporale di ogni uomo. E se la decisione di fotografare il suo volto nacque - come lui stesso dichiarò – «dall'imperiosa necessità di non perdere nulla nel carpire il tempo», lo stesso vale anche per le Carte da viaggio, disegni scritti a penna con inchiostro nero su carta, che pur cambiando medium e tecnica, rimangono fedeli alla sola e fondamentale urgenza di Opalka: «dinamizzare l'istante», offrendo uno specchio in cui scrutare l'infinito.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi