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Questo articolo è stato pubblicato il 16 agosto 2011 alle ore 16:50.

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L' "Opera da tre soldi" di Brecht nella Napoli del video artista Fabrizio PlessiL' "Opera da tre soldi" di Brecht nella Napoli del video artista Fabrizio Plessi

Annunciato come l'evento del Napoli Teatro Festival Italia; proclamato – con enfasi autocelebrativa - dallo stesso regista, come spettacolo che entrerà nella storia del teatro, surclassando addirittura l'edizione di Bob Wilson, "L'opera da tre soldi" realizzata da Luca De Fusco è uno spettacolo ben costruito, magniloquente, ma che non lascia il segno. E con quel "sospetto di noia", che paventava Ennio Flaiano più di quarant'anni fa recensendo un'edizione del Berliner.

Prima di quelle note l'arguto scrittore sosteneva inoltre che, a forza di glamour e di fasto da operetta, "L'Opera" di Brecht sarebbe diventata col tempo una sorta di "My fair lady". Alla luce di un'odierna febbre da musical, ecco allora la chiave dello spettacolo concepito da De Fusco il quale fa ricorso allo smalto di un melodramma da operetta ingaggiando interpreti che, condizione indispensabile, non difettino di voce e di stile per cantare e ballare.

Ecco quindi un cast all stars: Massimo Ranieri – per il quale lo spettacolo è stato concepito – nel ruolo del fascinoso malvivente Mackie Messer, Lina Sastri in quello della prostituta Jenny delle Spelonche, Gaia Aprea in quello della giovane moglie Polly, Ugo Maria Morosi in Peachum, Leandro Amato in Mathias, e via di seguito. Ma non basta avere a disposizione nomi eccellenti per fare un grande spettacolo.

A non funzionare è, a mio parere, la macchina scenica nel suo insieme, la mancanza di una mano registica unitaria e compiuta che sappia fondere in un unico registro materiali umani e artistici così diversi. Quei generi del palcoscenico borghese, quasi una summa affettuosa, critica e solidale, dei molti modi di fare teatro, che l'autore parodizzava. Risulta confusa pure l'ambientazione. Non siamo più nei bassifondi della Londra vittoriana, come da testo. Il bell'impianto scenografico del video artista Fabrizio Plessi – la facciata di un enorme edificio costellato di finestre con schermi televisivi e, ammassati a terra, computer quali rifiuti tecnologici - vuole immergerci in una Napoli tanto nel disfacimento del secondo dopoguerra quanto nella sua evoluzione di metropoli postmoderna.

Ma i costumi in bianco e nero, i corpi, le facce e i trucchi di biacca, rimandano piuttosto a Weimar, al cabaret e alle caricature della pittura di Grosz. E il clima generale è da film degli anni Cinquanta, con alcuni accostamenti alla Famiglia Addams e al "Portiere di notte" della Cavani. Irrompono poi con cartelli di didascalie delle ragazze pin-up, e, l'eclatante, grottesca, maccheronica scena tratta da "Miseria e nobiltà" di Scarpetta con l'abbuffata di spaghetti mangiati con le mani. Se ad aver ammorbidito la carica eversiva dell'autore sono i tempi e le condizioni storiche mutate e non la sottolineatura della forma di musical, vien da chiedersi se regge ancora la metafora che innerva questa eterna fiaba di gangster.

Ha ancora senso la figurata rappresentazione di questa banda, di un gruppo di prostitute, di un capo corrotto della polizia e di una coppia di sfruttatori delle miserie umane, con uno spaccato della società d'oggi? Forse sì. Ma in questo spettacolo finisce per essere latente il senso ultimo di una protesta e di una feroce satira.

"L'opera da tre soldi"
di Bertolt Brecht e Kurt Weill, traduzione di Paola Capriolo, regia Luca De Fusco. Principali: Massimo Ranieri, Gaia Aprea, Ugo Maria Morosi, Margherita Di Rauso, Paolo Serra, Lina Sastri, Leandro Amato, Angela De Matteo, Enzo Turrin, Luigi Tabita.Orchestra del Teatro di San Carlo di Napoli, scene Fabrizio Plessi, costumi Giuseppe Crisolini Malatesta, luci Maurizio Fabretti, coreografie Alessandra Panzavolta. Produzione Teatro Stabile di Napoli, Napoli Teatro Festival Italia. Al teatro Verdi di Trieste. In tournèe da ottobre.

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