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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2011 alle ore 08:17.
Nel mito greco il centauro Chirone, maestro di Achille, personificava la saggezza, e l'essere metà uomo e metà cavallo era simbolo del potere cieco, selvaggio e benigno della natura, ma anche della virtù e della capacità critica umane. Ricordare tutto ciò può servire ad accostarsi con disinvoltura ai misteri di Le Centaure et l'animal, di e con Bartabas e Ko Murobushi, ma non basta. Con gli occhiali della sola sapienza raziocinante, lo spettacolo di teatrodanza anche equina, visto al ricco Festival Grec di Barcellona – e in procinto di inaugurare l'edizione 2011 di «TorinoDanza» all'inizio di MiTo –, si ridurrebbe a semplice dialogo tra un cavaliere altero e occidentale, stagliato nella semioscurità del fondo scena, e un avvizzito omino orientale in nero, strisciante sul niveo proscenio come un insetto kafkiano.
Invece, il duetto tra Bartabas – il francese che da venticinque anni volteggia con e sui cavalli – e il giapponese Ko Murobushi, famoso danzatore butoh, è quanto di meno dialettico si possa prevedere. Alla sua teoria di apocalittiche visioni lirico-oniriche partecipano Horizonte, Soutine, Pollock e Le Tintoret, quattro cavalli cui spetta di diritto non solo il nome di celebri pittori, ma anche il rango di veri ballerini. Imperdibile, Le Centaure et l'animal articola una scrittura scenica perfetta, essenziale, ma tutt'altro che minimalista. Il buio inghiotte e rigetta nella luce le apparizioni del cavaliere sempre avvinto, e in posture diverse, al suo destriero. Ora sono passerelle chete e funebri, come certi dipinti di Daumier del ciclo di Don Chisciotte, o certi angoscianti Angeli sterminatori, alla Valdés Leal, qui dalle lunghe ali. Ora sono immagini d'incendiaria passionalità: velato di rosso, il centauro lotta con un anonimo servo di scena, oppure, d'improvviso, cade più volte a terra. L'uomo, all'unisono con il suo cavallo, pare San Paolo folgorato sulla via di Damasco. Poi si erge, regale, nei preziosi drappi bianchi del Crociato... Eppure, accogliendo in grembo il suo stallone e giocando con le sue sensibili orecchie, il paladino diviene anche una sorta di shakespeariano Bottom, dal Sogno di una notte di mezza estate. Conquista, infatti, una testa equina e il suo cavallo, gambe umane. È ancora un centauro, ma a rovescio: commovente, impazzito.
Mentre tutto ciò accade, Ko Murobushi percorre una sua autonoma via crucis. Dal pianoforte, ove stava coperto e accovacciato in proscenio, questo erede di Tatsumi Hijikata, il fondatore della nuova danza giapponese anni Cinquanta, detta butoh, giunge a una centrale nudità pudica. Il suo corpo, a testa in giù, anela alla verticalità e si purifica sotto un getto di sabbia. Infine, ricompare tinto di biacca argentea e come uno scarabeo rabbioso si lancia verso il centauro irraggiungibile. Quest'omino tutto pelle, viscere e rito parrebbe aspirare a divenire un essere superiore; il centauro, invece, quasi penetrando nel corpo animale, vorrebbe sbarazzarsi della sua colta alterigia... Lo scambio prospettico resta, però, sospeso, e i territori dell'uno e dell'altro, anche quando illuminati dal bagliore di uno stesso fondale, permangono separati.
Le Centaure et l'animal è costato due anni di ricerca. Bartabas ha insegnato ai suoi quattro cavalli nientemeno che la tecnica del release, tutta un rilascio del respiro e delle tensioni muscolari che i ballerini contemporanei conoscono bene, ma raramente sanno restituire con la stessa, millimetrica, precisione di questi quadrupedi prodigiosi. Per farlo ha temporaneamente abbandonato sia il suo Théâtre Equestre Zingaro (dal nome del suo primo, leggendario, stallone, ma anche del primo vagito teatrale del 1985), sia le redini dell'aristocratica scuola du spectacle équestre con sede nelle Scuderie reali della reggia di Versailles. Ko Murobushi ha invece smarrito, nel reticolo delle vie di Tokyo, la Ko&Edge Co, la sua ultima compagnia. E anche lui, appassionato dei poeti maledetti europei, come i tanti adepti del butoh doc – incluso il defunto guru Kazuo Ohno –, ha rimuginato sui Canti di Maldoror di Lautréamont.
Alcuni di questi Chants del 1869 sono letti fuori campo nello spettacolo atteso a Torino: dentro la musica concreta di Jean Schwarz e un canto bretone. Evocano allucinanti visioni di sangue, vampiri, ragni, ermafroditi, polipi che apostrofano violentemente Dio, e mestano davvero in un teatro "della crudeltà" alla Artaud, che sa di storia, viltà, peccato, fiaba e puzzolente, caravaggesca, fame di vita.
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Le Centaure et l'animal, Bartabas
e Ko Murobushi, Fonderie Limone
di Moncalieri, MiTo/TorinoDanza,
5-9 settembre.