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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2011 alle ore 12:17.

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Sostengono gli esperti, non da oggi, che al Roccella Jazz Festival s'impara sempre qualcosa. Eppure, dopo il pregevole epilogo della trentunesima edizione con l'Orchestra Nazionale dei Conservatori Italiani diretta da Nicola Piovani che ha proposto alcune sue brillanti e celebri musiche per film (La voce della Luna, Ginger e Fred, La vita è bella, l'overture di Garibaldi in prima esecuzione assoluta e La vita è bella replicata come bis) si sono uditi alcuni mugugni del pubblico perché, fra i 40 concerti della manifestazione – troppi, ndr – alcuni fra i più importanti "non erano jazz".

E' appena il caso di dire che non siamo affatto d'accordo. Di più: ci meraviglia che un'affermazione così retriva si percepisca nella platea di un festival che sempre ha cercato di andare "oltre" e che proprio per questo ha sempre insegnato (e rischiato) qualcosa. Oggi, inoltre, un jazzfest di livello internazionale come questo di Roccella, non potrebbe più, nemmeno se lo volesse, limitarsi al "vero jazz", perché i maestri che hanno creato e suonato per decenni la musica del Ventesimo secolo, come non a caso la si chiama, sono rimasti in pochi per ragioni anagrafiche. E quindi, allo scopo di attirare il pubblico e di far ascoltare comunque buona musica, si deve ricorrere ai dintorni vicini e lontani del ceppo afro-americano.

Setacciando il meglio come sempre dobbiamo fare in un festival, e compilando una sorta di graduatoria come non facciamo quasi mai (ma ci costringe la necessità di rendere più chiaro il nostro incipit), ecco i concerti di Roccella 2011 che rimarranno a lungo nella memoria. Innanzitutto il sommo pianista Ahmad Jamal, 81 anni, uno dei superstiti di cui sopra, insieme con i suoi magnfici comprimari: Jack Cammack contrabbasso, Herlin Riley batteria, Manolo Badrena percussioni. A chi scrive è accaduto, in questa estate, di ascoltarlo tre volte: a Perugia, a Berchidda e a Roccella. Ora, non soltanto il concerto calabrese è stato di gran lunga il migliore dei tre, ma è stato addirittura uno dei recital più belli che mai si siano ascoltati da Jamal andando molto indietro nel tempo. Si sarà trattato di una disposizione particolare, dell'incanto della visione del Castello di Roccella sapientemente illuminato, del pubblico attento e partecipe o di tutte queste cose insieme. Sta di fatto che Jamal non voleva finir di suonare, rimandando il più possibile l'esecuzione della sua immancabile Poinciana eseguita poi per ultima. Lunghissimi, naturalmente, gli applausi da stadio e la standing ovation finale.

Ecco poi "Senza Confini Ebrei e Zingari" di e con Moni Ovadia: musica stupenda, parole su cui riflettere assai, solisti fantastici. Era carente la "percentuale" del jazz? E che importa? Lo stesso si dica di Nicola Piovani con l'Orchestra Nazionale dei Conservatori e quando, di pomeriggio, ha presentato all'Auditorium la sua suite Epta in sette parti per sette musicisti.

Jazz vigoroso, invece, in "Un pensiero perfetto", performance teatral-musicale su testi di Andrea Emo eseguita dal quartetto di David Riondino e Massimo Donà con Francesco Bearzatti ospite speciale.

Il taccuino mi raccomanda di citare il quartetto del violoncellista svedese Lars Danielsson dove suonavano il pianista armeno Tigran Hamasyan, rivelazione nello scorso maggio del jazzfest di Cagliari, e il batterista Magnus Ostrom, sopravvissuto allo scioglimento dello sfortunato trio E.s.t.. Da segnalare ancora il quartetto del contrabbassista Eddie Gomez per il suo omaggio a Scott La Faro, il raffinato Samba Trio del violoncellista Jaques Morelenbaum, e l'altro bel progetto teatral-musicale di Francesco Giardinazzo con Chiara Caselli, Rita Marcotulli, Luciano Biondini, Elena Ledda. Fra le importanti manifestazioni collaterali spiccano la commemorazione del compianto Sergio Pinchera, già segretario dell'Associazione Culturale Jonica, e il convegno sul contrabbassista Scott La Faro e sull'apporto italo-americano al jazz con Eddie Gomez, Francesco Martinelli e Vincenzo Caporaletti.

Non è stato possibile ascoltare tutto. Chi, anche fra nomi di rilievo, non si veda menzionato, pensi che non c'eravamo. Altri (o altre) intendano invece che si tratta di un silenzio significante. Cioè che lo si è fatto apposta.

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