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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2011 alle ore 08:15.

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Lo straordinario culto contemporaneo di Pasolini si ispira non sorprendentemente alla medesima logica. Qui non contano le sue pellicole (la musica di Bach per accompagnare la periferia desolata di Roma, l'insistere sui volti scavati degli attori, il bianco e nero di Tonino Delli Colli), come non conta la musicalità del friulano de La meglio gioventù o l'intelligenza dei saggi di Descrizioni di descrizioni. Conta soltanto il personaggio: il polemista, il provocatore, alla luce delle cui invettive e profezie viene riletta un'opera ridotta ormai a poco più di una nota a piè di pagina nella biografia del gran suscitatore di scandali di Casarsa.
Forse la vera posta in gioco è proprio qui: rinnegare lo stile vuol dire – automaticamente – cominciare a rinnegare il valore delle opere. E questo, come scrittori, è meglio non dimenticarcelo mai. Se non vogliamo trasformarci nei performer di noi stessi o negli ospiti fissi, magari ben retribuiti, di un talk show notturno.
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