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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2011 alle ore 12:34.

Il richiamo ha superato le attese. Sono arrivati in più di seicento ad affollare la piazza della chiesa di san Bartolomeo, a Scicli, la cittadina del ragusano immersa nella vallata di pietra. Sul sagrato della chiesa barocca solo una sedia e ai margini del muretto una lunghissima fila di gente, qui convenuta per un insolito appuntamento di fine agosto.

In moltissimi hanno risposto all'invito dell'artista Adrian Paci che qui ha voluto ambientare la sua nuova performance dal titolo «The encounter»: una stretta di mano a persone qualunque. Un rito quotidiano che si è trasformato in processione, atto simbolico collettivo, scambio e condivisione fra diversità e culture. L'opera-video che ne seguirà sarà presentata a novembre in anteprima alla galleria di Peter Kilchmann di Zurigo.

L'albanese Adrian Paci, classe 1969, arriva in Italia nel 1992, epoca in cui i suoi concittadini fuggivano dal loro paese sbarcando da navi fatiscenti. Lui arriva a Milano con una borsa di studio per studiare arte. Colleziona riconoscimenti importanti (il premio della XV Quadriennale d'arte di Roma), partecipa a Manifesta, Biennale di Venezia. Alcune sue opere entrano in collezioni e musei a New York (Guggenheim e MoMa), Parigi (Centre Pompidou) e Barcellona (La Caixa). Si muove tra pittura, scultura, fotografia, video, installazione. Specialmente i suoi video mettono in scena i grandi temi dell'esperienza umana e riflettono sulle conseguenze dei conflitti e sulle problematiche della cultura migrante.

Nelle sue opere ricorre spesso il tema dell'immigrazione, del nomadismo
«Avendola vissuta in prima persona, nel bene e nel male, quest'esperienza che ha scombinato la mia identità, è diventata materia per il mio lavoro. M'interessa soprattutto la figura dell'immigrato come persona nel suo continuo divenire, che lascia il suo contesto iniziale e si muove verso un altrove in relazione al quale deve mettere in discussione anche la proprie radici.

Ora ha affrontato il tema della stretta di mano. Quale il suo significato?
Più che un tema è un gesto, presente nella nostra quotidianità ma anche in vari rituali antichi. Lo ritroviamo nei matrimoni e nei funerali. Nella sua semplicità raccoglie una dimensione profonda e complessa, ricca di potenzialità e stratificazioni. Come artista, cerco di attivarlo come gesto per far nascere altre possibilità.

Anche la piazza, emblema del tessuto connettivo di un territorio, è presente nella sua performance
Cercavo un luogo dove la piazza fosse anche protagonista e, appunto, uno spazio vissuto dalla gente. Lo cercavo nel meridione. E non poteva esserci posto più appropriato della Sicilia, terra di attraversamenti culturali, punto di incontri, scontri, scambi, arricchimenti, dove questo gesto può evocare molte dimensioni.

Il materiale d'indagine delle sue opere, spesso, comprende la dimensione religiosa. Da cosa nasce?
Forse da una certa sfiducia verso l'uomo "nuovo" che la società sta creando e imponendo, cioè una nuova schiavitù consumistica, una specie di "areligiosità" un po' stupida. Non sono interessato a discorsi confessionali, devozionali; rispetto le posizioni atee o agnostiche. Credo, però che l'uomo, privato di questa dimensione che è parte costitutiva del suo essere umano, risulti più impoverito.

Lei ha vissuto in un regime ateo, ma la sua famiglia era cattolica…
Il regime proibiva totalmente la religione. Essa mi è stata trasmessa in casa in modo clandestino. Mio padre, un artista, teneva in casa dei libri dei maestri della pittura, e mia nonna li utilizzava per raccontarmi le storie del Vangelo che, ovviamente, non si poteva tenere. In questo modo mi sono anche formato alla pittura.

Qual è il ruolo dell'artista oggi?
Questa è una domanda difficile. Non credo che l'artista abbia oggi un ruolo molto diverso da quello che ha sempre avuto. Egli può offrire al pensiero, all'immaginazione, alla percezione, una nuova possibilità: di comprensione, di conoscenza, di apertura.

Nella sua arte vuole trasmettere qualcosa?
Non credo nell'opera utilizzata dall'artista per dire qualcosa che lui, si presume, sappia, a delle persone che non sanno. L'opera nasce anzitutto perchè l'artista è curioso, vuole sapere. Io oggi, con la stretta di mano, volevo fare un'esperienza e ricevere qualcosa dagli altri.


www.gallerialaveronica.it

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