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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2011 alle ore 19:06.

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Il festival «Ai confini tra Sardegna e Jazz» di Sant'Anna Arresi, nell'estremo sud dell'Isola, ha felicemente concluso la ventiseiesima edizione. È considerato dagli esperti la manifestazione che chiude l'estate italiana del jazz, la qual cosa è vera soltanto se si limita lo sguardo ai festival di spessore internazionale, perché gli altri continuano ancora, perlomeno nell'Italia meridionale e in questo mese di settembre.

Sant'Anna si autodefinisce con vis polemica – la forza con cui molto spesso si dice la verità – una rassegna in controtendenza rispetto a un panorama di manifestazioni jazzistiche "dispersive e disorganiche". La sua idea del jazz identifica questa musica come una "palpitante espressione della contemporaneità", non come esercizio stilistico che si compiace della propria adesione più o meno virtuosistica a modelli del passato e si limita a innocui intrattenimenti. Cita perciò alcuni dei musicisti innovativi, tuttora in attività, che ha presentato nei suoi programmi (Muhal Richard Abrams, Anthony Braxton, George Lewis, Pat Metheny, William Parker, Butch Morris) e altri maestri del pari innovativi che non ci sono più (Don Cherry, Albert Ayler e quest'anno Jaco Pastorius) ma la cui potenza propulsiva continua tuttora.

Di passaggio, va menzionata soprattutto la celebrata iniziativa del fondatore e direttore artistico del jazzfest di Sant'Anna, Basiliano Sulis (per il mondo della musica Basilio e basta) che nel 2008 ricordò che le prime note del suo festival furono intonate nella Piazza del Nuraghe il 6 settembre 1986 dal trombettista Don Cherry e dal suo gruppo. E perciò riuscì a convocare quattro dei cinque figli (finora accertati) di Cherry, tutti musici – Neneh ed Egle-Eye sono cantanti affermati – nonché la moglie Moki (Monika Karlsson), pregevole artista figurativa svedese che arrivò a Sant'Anna con un grosso pacco dei suoi arazzi, più che sufficienti per allestire una mostra significativa in quanto alcune di queste opere vennero utilizzate per le copertine dei dischi del marito. Fu un magnifico supporto ai concerti in quintetto del compositore, flautista e pianista cinquantenne David Ornette Cherry, nato quando il padre Don aveva appena 22 anni. Questo lungo preambolo vuol essere una testimonianza della filosofia con cui, fra mille difficoltà e l'indifferenza dei possibili sponsor, si fa ottima musica a Sant'Anna Arresi.

E veniamo all'edizione di quest'anno, dedicata al sommo batterista elettrico Jaco Pastorius, uno degli artisti "maledetti" del jazz che compirebbe nel prossimo dicembre sessant'anni, se non avesse perso la vita a 36 in Florida durante una rissa. Ha dato il meglio di sé negli anni settanta con l'aurea formazione dei Weather Report di Joe Zawinul e Wayne Shorter, e in seguito con altri gruppi diretti dai chitarristi Mike Stern e Bireli Lagrene, presenti a Sant'Anna, e con gruppi propri. È stato definito "il visionario del basso elettrico", dotato di tecnica originale, innovativa e straordinaria (al punto da attirare sempre l'attenzione dello spettatore su di sé, ponendosi come solista davanti ai ritmi di cui faceva parte) e il precursore ammirevole di sentieri poi percorsi da altri.

Al festival c'erano due figli di Jaco, Julius batterista in varie serate e Felix bassista, e ovviamente numerosi bassisti elettrici e contrabbassisti in vario modo legati a Jaco: così Jamaladeen Tacuma, Victor Bailey che sostituì Jaco nei Weather Report, Michael Manring, Maurizio Rolli con la sua Rolli's Stone Big Band (e la giovane e brava vocalist Loredana Di Giovanni), Melvin Gibbs. Jeff Berlin, Buster Williams, Tony Levin, e il chitarrista e vocalista James Blood Ulmer specializzatosi nel blues, e il batterista Roland Shannon Jackson. Nel cartellone si è notata qualche forzatura rispetto al tema di base, dovuta però soprattutto al temuto uragano Irene incombente su New York che ha impedito a tre o quattro solisti di raggiungere l'Italia. Ciò ha causato alcune improvvisazioni perfino divertenti, come la trasformazione di Mike Stern in musicista residente: uno Stern dinamico e desideroso di suonare come non lo si era mai visto, che ha assunto qua e là il comando delle operazioni andando talora fuori contesto e però riscuotendo un'abbondante messe di applausi. Ma tutti hanno dato un contributo eccellente, con la palese convinzione di partecipare a un tributo bello e giusto.

C'è stato anche un gruppo-rivelazione. È il quartetto Musica Ex Machina di Guido Coraddu pianoforte, Mauro Sanna basso elettrico, Simone Sedda batteria, Francesco Bachis tromba, che poche ore prima del concerto ha presentato ai giornalisti il proprio cd L'Age d'Or, prodotto a New York da American Dance Asylum, sul quale ha basato la performance dal vivo. Molto pregevole. Complimenti e a risentirci presto.

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