Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2011 alle ore 15:54.

My24

«Quando la notte» e «Maternity Blues». Già i titoli del secondo film italiano in concorso alla 68. Mostra internazionale d'Arte cinematografica di Venezia e dell'apertura di oggi di Controcampo, ci segnalano la malinconia, il dolore, l'oscurità in cui entrambi i film si addentrano.
Entrambi prendono di petto una della malattie sociali più nascoste e negate, la difficoltà d'essere madri. L'Italia, da sempre patriarcale nel potere ma matriarcale in famiglia, ha sempre rifiutato che questa figura sacra fosse disegnata nella sua umana e fallace fragilità, ma piuttosto come simbolo rassicurante e sostanzialmente infallibile.

Non lo fanno Cristina Comencini Fabrizio Cattani, che invece entrano dentro quest'argomento spinoso per scoperchiare l'ipocrisia con cui è sempre trattato. La regista, in corsa per il Leone d'oro, continua la sua ricerca negli angoli bui della famiglia: dall'amore molesto de «La bestia nel cuore» fino a «Quando la notte», in cui una madre (Claudia Pandolfi, ottima performance nonostante un personaggio imperfetto ), rinchiusa nell'isolamento montanaro consigliatole dal pediatra per il suo bimbo di due anni, viene a contatto con quella depressione che il marito non capisce, lei rifiuta e suo figlio, inevitabilmente, alimenta.

Dopo i primi trenta minuti, quasi un horror domestico in cui luci, fotografia, suono e interpretazioni portano avanti un'angosciante quotidianità - «la vita è un thriller», come ha sottolineato la cineasta in conferenza stampa- la pellicola, purtroppo, si perde. Laddove nel libro omonimo della stessa autrice, la storia viene portata avanti con due monologhi interiori, qui l'interazione tra la moglie borghese in vacanza e un burbero uomo delle nevi misogino (Filippo Timi, troppo "abominevole"), resiste solo finché i due non si avvicinano troppo. Quando salgono nel rifugio di famiglia di lui, la relazione tesa e vibrante - non sai mai, nei primi minuti, se i due si picchieranno o si ameranno selvaggiamente - cerca l'emotività e trova la goffaggine di dialoghi poco felici.

Tanto che nella proiezione per la stampa alcuni, nelle scene meno riuscite, si sono lasciati andare ad un riso sguaiato. Si conferma la grande eleganza da parte di qualche collega: da Placido alla Comencini, alcuni giornalisti amano essere maleducati con il cinema italiano, soprattutto a Venezia. Incuriosisce, per esempio, il diverso trattamento riservato ai due italiani passati in concorso. Anche Crialese, come la Comencini, ha presentato un'opera con problemi di scrittura e realizzazione, ma ha ricevuto coccole e applausi.

Il film di Cattanisulle madri assassine
Più riuscito «Maternity Blues» di Cattani, forse meno ambizioso e "pindarico". Qui, infatti, il problema è piazzato al centro della storia: siamo in una clinica che riunisce le cosidette madri assassine. Entriamo nei loro cuori e nelle loro vite, ci troviamo tra i loro letti e le loro rabbie, tra i ricordi insostenibili e le speranze coltivate o negate. Cattani cerca una narrazione attenta e sensibile, pur con qualche schematismo di troppo, ci fa entrare in empatia con queste donne ferite e dolenti, vittime della colpa più inconfessabile e meno compresa. Eccezionale la prestazione di Monica Bĭrlâdeanu, nella parte dell'ospite più affascinante, spigolosa e arguta, diligente Andrea Osvart, ottimi i guizzi di Chiara Martegiani, il regista si affida a un ensemble d'attrici coeso e capace e a uno studio del problema approfondito.

Una cosa è sicura, però: l'insostenibile pesantezza d'essere madri ha scosso Venezia.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi