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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2011 alle ore 18:47.

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Una scena del film "Faust" di Aleksander Sokurov (Ansa)Una scena del film "Faust" di Aleksander Sokurov (Ansa)

Ingordo, traballante, ridicolmente deforme, privo di complessi, avidamente carnale, arriva il diavolo che forse si porterà via il Leone d'oro della 68esima edizione della Mostra del cinema di Venezia. L'abilità di Alexander Sokurov nel trasporre sullo schermo il «Faust» di Wolfagang von Goethe e di Thomas Mann non è per nulla mefistofelica, ma anzi, ha un che di profondamente umano che avvicina le pulsioni del dottore tedesco a quelle di tutti gli altri mortali.

Nel suo «Faust» Sokurov privilegia infatti la parte meno calcata dell'epopea dell'uomo, che per sete di potere e conoscenza, vende la sua anima al diavolo. Il regista russo, che con questo ultimo film conclude la sua tetralogia sulla follia del potere dopo Moloch, Taurus e Il sole, dilata soprattutto la prima parte della saga faustiana, quella precedente alla firma del contratto con cui accondiscende alla sua discesa all'inferno.

Si vede il dottor Georg (Johannes Zeiler), rabbioso nell'impotenza di non poter esercitare la propria scienza per penuria economica. Nemmeno un anello lo salva: l'usuraio, emissario di Lucifero in terra (meraviglioso Anton Adasinskiy), a cui vuole cederlo in cambio di una somma, ci ride sopra. «Non vale più nulla», spiega, «Oggi non vale più niente nemmeno la vita umana». L'usuraio scruta bene Faust, intende uno spiraglio per trascinarlo negli abissi e lo segue con la sua vocetta simpatica, con la sua presenza chiassosa che ovunque va porta scompiglio, liti e delitti. Ma non c'è niente di oscuro nei loro dialoghi e nelle loro schermaglie, se non i postriboli dove si calano e i luoghi fumosi di un tempo presumibilmente medievale, ricostruito con filologica accuratezza. E' divertente il diavoletto tentatore, suadente, terribile, ma così gentile e partecipativo nel soddisfare le richieste dei suoi "clienti" che tra lui e Faust si stringe un cinico legame, dettato da interesse reciproco, ma non privo di sentimento.

Come chi cade nel peccato, anche Faust scivola verso l'oscuro gradualmente, ingannato dall'ambizione e dal desiderio di possedere ciò di cui si incapriccia. E così è con Margarete (Isolda Dychauk), di cui Faust uccide fratello e madre. Intensa e sensuale la scena degli sguardi tra il dottore e la bella popolana, di cui si dilatano i volti fino a renderli ovali e colmi di una luce per beffa angelica. Faust chiede all'usuraio una notte, una notte sola con Margarete. E' per lei che arriva alla firma con il sangue, sublimata con un tuffo nell'acqua, l'oblio di piacere in cui la coppia cade, condannandosi alla morte. Sono stati moltissimi gli applausi per Faust, da parte di una platea soddisfatta esteticamente e dalle trovate geniali di testo e di regia.

Esordio di Gipi
Applausi anche per «L'ultimo terrestre» dell'illustratore Gipi, ultimo degli italiani in concorso e il più meritevole tra questi di ottenere qualche riconoscimento dalla giuria. Il film racconta la storia di un cameriere, assunto in sala Bingo di una periferia italiana non specificata, circondato dalla bruttezza di un mondo volgare e indifferente, in cui perfino l'arrivo degli alieni passa inosservato. Lui, imbranato, strano e arrendevole, ha un padre che vive in campagna, su cui atterra una dolce aliena che rivela doti casalinghe inimmaginabili. Molti i momenti divertenti e notevoli certe panoramiche su quello che siamo diventati. Ma manca la grandezza di tanti film che sono comparsi in questa bella rassegna, che sta volgendo alla fine.

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