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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2011 alle ore 18:24.
Me ne scappai alla discarica di Fresh Kills. Lì mi sentivo a casa. Era un luogo talmente sconfinato che lo si avvistava addirittura dallo spazio. Era un posto pieno di tutto ciò che è stato gettato via, ma era tutt'altro che vuoto! C'erano tantissimi uccelli. Forse, era il posto migliore di tutta New York City per osservare gli uccelli. A Fresh Kills mi sentivo rinfrancata. Non lavoravo, ma le mie rotelle giravano.
Poi a NYC ci fu la Fleet Week (Settimana delle flotte, con parate, sfilate, eventi vari, visite a musei della marina e navi, NdT). Trascorsi ogni istante possibile a fotografare i jet Harrier, gli elicotteri, i paracadutisti, tutti minuscoli puntini contro l'immensità del cielo. Un cielo infinito, indifferente nei confronti del genere umano e dei suoi mezzi distruttivi.
Per sviluppare quelle fotografie mi assegnarono uno spazio molto grande e una camera oscura alla School of Visual Arts. Lavoravo dalle dodici alle diciassette ore al giorno, quasi sempre al buio. E continuavo a tenermi lontana dal WTC.
Nonostante ciò, non potevo fare a meno di provare stupore per i grattacieli di Lower Manhattan, per quelle strutture torreggianti. Ne percorrevo le strade con le mie macchine fotografiche fatte in casa con le lattine delle scatole dei biscotti, guardando gli edifici dal basso in alto. Gli uomini della sicurezza nella piazza antistante il WTC mi invitarono a non scattare fotografie. Dissero che l'uso di un treppiedi era da considerarsi "professionale". (Scatole di biscotti su un treppiedi!).
E così iniziai a scattare foto servendomi di un "treppiedi umano". L'oscillazione, l'esitazione, la mancata messa a fuoco derivante dal fatto di reggere le mie "scatole fotografiche" appoggiate sulla sommità della testa o su qualche altra parte del mio corpo, hanno colto in parte il senso di impermanenza, la mancanza di presenza, di tutta quella materia solida e appariscente.
Poi, finalmente, ho iniziato a trascorrere del tempo nella Torre 1. Nello studio appesi e analizzai minuziosamente le stampe alte più di quattro metri e venti che avevo scattato durante la Settimana delle Flotte. Iniziai anche ad armeggiare con istallazioni di normale pellicola da 8 mm che avevo girato al porto. Avevo iniziato a lavorare senza essere capace di starmene lassù al novantunesimo piano – c'erano così tante prove da superare per arrivarci, per poi ritrovarsi come tappati dentro e separati dal genere umano. A quel punto, invece, mi piacque. Mi piacque moltissimo.
Piena di energia, raccolsi molte grandi scatole usate di cartone al piano terra del WTC. Costruii una macchina fotografica gigantesca, che avrei potuto collocare alle finestre e utilizzare per ottenere negativi di oltre due metri d'altezza.
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