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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2011 alle ore 17:08.

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La regista Ami Canaan Mann con il padre produttore Michael Mann (LaPresse)La regista Ami Canaan Mann con il padre produttore Michael Mann (LaPresse)

Buon sangue forse non mente, ma scopiazza. Ami Canaan Mann, prodotta dal padre-mito Michael, alla sua opera seconda denuncia chiaramente la sua parentela, rifiutando, di fatto, qualsiasi originalità rispetto alle doti e alla dote di famiglia.

Tanto che in alcuni momenti la mano sembra quella del regista di Collateral, alcune inquadrature e certe pose attoriali rimandano a Heat- La sfida, persino alcune battute dei dialoghi si possono ritrovare nella cinematografia del genitore.

Il risultato è Texas Killing Fields, ultima opera in concorso e compitino ben svolto, per carità, ma niente di più. E che di copia (in brutta) si tratta, sembra quasi evincersi già dal cast: Sam Worthington, nonostante il successo di Avatar, continua a ricordarti Ben Affleck e in generale l'americano provinciale medio, Jeffrey Dean Morgan, beato lui, è un incrocio ruvido tra Javier Bardem e Robert Downey Jr., Jessica Chastain (che con Worthington ha condiviso anche il set di The Debt) è l'eccezione, bellissima e particolare, e si conferma la star emergente del cinema mondiale d'autore- tra i tanti suoi film di quest'anno, ricordiamo la Palma d'Oro The Tree of Life di Terrence Malick-, anche se qui rimane confinata in un ruolo secondario.

La storia è semplice: una coppia di poliziotti, un'indagine su un serial killer, una bambina maltrattata (Chloe Moretz, un'altra ragazzina-fenomeno che sembra essere sul set da decenni), uno scontro di culture tra lo sbirro newyorkese e cattolico e quello texano e più cinico. Tutti e due animati da un moralismo esasperato, sentono il loro compito come una missione. Jeffrey Dean Morgan tiene sulla scrivania la foto del Papa e prega sui cadaveri che trova nel suo lavoro, l'altro odia la prostituzione e la sessualità promiscua più d'ogni altra cosa. Entrambi, comunque, se perdono la testa spaccano la faccia a qualcuno. Siamo pur sempre in Texas.

Al di là del fatto di dimostrare a papà che è diventata brava dietro la macchina da presa, si perde presto il senso del film: è un'opera di genere tout court? È un ritratto dell'America profonda che tutti negano e che nasce e cresce in Texas? Difficile capirlo, tutto rimane in superficie, in primo luogo le emozioni, sempre visivamente molto esposte ma poco penetranti, lo spettatore può ammirare qualche scena, ma mai sentirla dentro. Eppure Ami Canaan Mann quest'opera l'ha girata per un'urgenza emotiva e morale, dopo aver scorto in un giornale la tragedia reale che ha ispirato il film. «Ricordo come ad un certo punto sembrava quasi che mi fissassero le foto delle vittime su quel foglio di quotidiano, una sensazione quella degli occhi addosso che ho voluto riportare anche nel film. Mi sono sentita addosso la necessità di raccontare questo fenomeno che ha inghiottito la zona di Texas City». E le fa eco Michael Mann, che rivela come l'abbia sconvolto «la natura ossessiva dell'ambientazione, quasi una zona viscida e spoglia che sembra abitata da fantasmi. E poi per scoprire gli autori di questi omicidi non era stato fatto un grosso sforzo, come se effettivamente quei luoghi dovessero in un certo senso giustificare quella violenza». Tutto questo, però, purtroppo, dallo script di Don Ferrarone e dal lavoro di Ami Canaan Mann non si intuisce.

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