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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2011 alle ore 08:14.

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La letteratura ha rappresentato in genere l'amore come un regno – dei sentimenti – o come un impero – dei sensi – o come una dittatura – delle passioni, positive o negative –. Per Carol Shields, invece, L'amore è una repubblica, come si intitola un suo romanzo degli anni Novanta, ora pubblicato in italiano dalla casa editrice Voland che da qualche tempo sta proponendo sistematicamente la sua opera. Una repubblica perché: «Più o meno tutti hanno l'opportunità di dire: ti amo. E di sentirselo dire». A Shields, nata nel 1935 negli Stati Uniti e morta nel 2003 in Canada dove si era trasferita ventenne, non interessano infatti avvenimenti eccezionali o vicende sensazionali, ma proprio quello che accade a «più o meno tutti» gli esseri umani. Quello che accade nel giorno dopo giorno, nella trama minuta della quotidianità, dettagli, voci, commenti e frammenti di sentimenti a perdere, lavorando la scrittrice, secondo una solida tradizione della letteratura nordamericana e spesso della sua parte femminile, a rendere visibile nella sua elaborata costruzione narrativa ciò che non è memorabile eppure tesse la tela della vita. Per questa autrice Premio Pulitzer nel 1995 (con Diari di pietra), colta, ironica e tenacemente concentrata sui più piccoli dettagli, il caso è il destino, e il tragico dell'esistenza, secondo un procedimento molto amato dagli autori d'oltreoceano e assai poco popolare nel nostro, è preferibile coglierlo attraverso gli strumenti della commedia.
Spesso Carol Shields predilige quella oscura riserva di anonimato che è la vita femminile, ma in L'amore è una repubblica divide equamente le proprie attenzioni tra l'incerta Fay e il protagonista maschile, il desolato Tom, in capitoli alternati fino a quando i due, un po' prima della metà del romanzo, con un certo sollievo da parte del lettore che da tempo aspettava questo momento, casualmente si incontrano. Lui è un quarantenne conduttore radiofonico della notte, tre divorzi alle spalle e nessuna simpatia, malgrado gli incoraggiamenti degli amici e dell'epoca, per il sesso senza amore. Lei, trentacinque anni consumati senza matrimonio e un'invadente famiglia d'origine alle spalle, è una studiosa del folclore che sta lavorando a una ricerca sulle sirene mentre teme, ogni mattina al risveglio, di diventare una turista nella sua stessa vita. Entrambi sono goffi, spaventati dalla solitudine, intrappolati in falsi movimenti, in altri termini due perfetti personaggi da commedia romantica dei nostri giorni. Ma non è questa la vena dell'autrice canadese, anche se le avventure e le disavventure di Fay e Tom fanno sorridere e capita di tifare per il lieto fine. L'idea del romanzo è piuttosto una sfida: raccontare realisticamente l'amore, raccontarlo dunque in quello che ha di repubblicano, cioè comune, non estremo, persino banale. Raccontarne le crepe e la prevalenza degli atti mancati sui gesti riusciti, attraverso i quali però si fa strada il desiderio, cioè quella «insaziabile brama di completezza» che le malinconiche sirene che Fay studia incarnano attraverso i secoli.
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Carol Shields, L'amore è una repubblica, traduzione di Barbara Ronca, Voland, Roma, pagg. 426, € 15,00

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