Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2011 alle ore 17:52.

My24
"Take this Waltz""Take this Waltz"

San Sebastian é splendida e ruvida, con quell'oceano che accarezza la spiaggia, per ritrarsi e rimangiarsela subito dopo, con quella costa lunga e alta, quegli argini con pietre enormi e le sculture-artiglio di Eduardo Chillida Juantegui. Lo é come l'amore raccontato in questa 59. edizione del Festival Internazionale di San Sebastian - Donostia Zinemaldia (16-24 settembre), la prima per il nuovo direttore José Luis Rebordinos, che succede all'ottimoMikel Olaciregui, ora delegato per il Nord America.

L'amore come sentimento tortuoso e difficile, doloroso e squassante, bellissimo e inevitabile. É il tempo del melodramma per la bella rassegna basca. Difficile tenere a freno le lacrime, per esempio, con «Take this Waltz» di Sarah Polley, in Concorso.

Ormai é ufficiale, ha rubato il trono del melodramma a Cassavetes figlio: dopo lo struggente «Away from her»sull'amore ai tempi dell'Alzheimer, ecco un'opera seconda che ha l'ambizione di portarsi addosso il titolo di uno dei capolavori di Leonard Cohen. Di quella canzone, ovviamente nella colonna sonora, ha la lacerante e malinconica dolcezza di un desiderio sbagliato e ineluttabile, di un bacio mai dato, di due amori ugualmente forti e diversi. Del dolore che i moralisti non capiscono, ma che il cuore comprende. Michelle Williams, qui, é sposata con Seth Rogen: la coppia perfetta, lui é adorabile, lei inquieta. Sembrano completarsi, finché un aereo non le fa incontrare... il suo vicino di casa.

La Polley con delicatezza e un modo di girare classico e moderno al tempo stesso, ci racconta la loro lotta contro se stessi, la dicotomia di lei, la profonda umanitá che risiede nell'errore, nelle tentazioni, nell'amore, che é sempre imperfetto e unico. Sogneremmo tutti Rogen che gioca con noi ogni mattina, che ripete uno scherzo solo per raccontartelo dopo 50 anni di matrimonio, ma puoi volere del sesso a tre con uno che guida un risció. Nella moralista Italia ce l'ha ricordato solo Silvio Soldini nel bellissimo e incompreso «Cosa voglio di piú». Qui un tenero abbraccio alle spalle puó essere una coltellata tra le scapole e la scena piú buffa, su una giostra con «Video killed the radio star» a palla, é quella che ti fa frignare come raramente hai fatto.

Tutt'altra pasta «Silver Tongues» (nella sezione Zabaltegi- Nuevos Directores): qui parliamo di due "duri", sempre rimasti insieme perché non si sono mai posti limiti. Di perversioni non solo sessuali, ma comportamentali, di ciniche messinscene e giochi di ruolo. Simon Arthur pone una sfida continua allo spettatore, sposta in alto l'asticella delle certezze e della comprensione. Tutto quello che avete letto finora sul film potrebbe essere vero, eppure non vi avvicina neanche alla veritá della geniale costruzione di una sceneggiatura e di un lungometraggio che andrebbe studiato nelle scuole di cinema e che gioca con lo spettatore a viso aperto. Lee Tergesen ed Enid Graham, con due interpretazioni magistrali di metarecitazione, fanno il resto. Un film da portare subito in Italia, un gioiello, cinema puro e un altro amore sbagliato, anzi sballato. Solo per chi non lo vive, ovvio.

Si chiude con «Nader and Simin, A separation» di Asghar Farhadi, grande amico di Jafar Panahi e qui in terra basca dopo l'Orso d'oro a Berlino e i premi ai suoi attori. Un trionfo meritato, ripetuto qui, al Teatro Victoria Eugenia di San Sebastian. Un film politico e un thriller familiare ed emotivo, una metafora abile e penetrante della societá e della teocrazia iraniana. Semplice e potente, come solo i capolavori sanno essere.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi