Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2011 alle ore 14:15.

My24

Nei Rerum memorandarum libri, Francesco Petrarca fa riferimento a un amico che era dotato di «una memoria inesauribile». Costui non ricorda solo le parole, ma i verbi, i tempi e i luoghi. Se vede o ascolta una cosa una volta sola, ciò per lui è abbastanza: non la dimenticherà mai. Petrarca trascorre interi giorni e lunghe notti a parlare con lui. Se, a distanza di molti anni, Petrarca fa menzione di frasi già pronunciate, l'amico si accorge se egli ha cambiato una sola parola. Ricorda perfettamente non solo le frasi già ascoltate, «ma ricorda all'ombra di quale leccio o accanto a quale fiume o su quale monte esse furono pronunciate la prima volta».

Gli esempi di memoria prodigiosa, gli sparsi accenni alla memoria artificiale presenti nell'opera di Petrarca non bastano certo a spiegare il fatto che nei trattati di arte della memoria, nei volumi di emblemi e imprese, nelle opere enciclopediche pubblicati in Europa fra il Quattrocento e il Settecento, Petrarca viene ripetutamente citato come un'autorità sul tema memoria. L'autore di questo libro intende rispondere a due domande. La prima: che influenza hanno esercitato su Petrarca i testi classici sulla memoria di Cicerone e Quintiliano, Platone e Plinio, Agostino? La seconda: è possibile rinvenire nei testi di Petrarca la «presenza attiva» delle metafore che contraddistinguono la tradizione della memoria naturale e di quella artificiale?

La risposte comprendono un esame accurato e approfondito dei testi del petrarchismo del Cinque e Seicento, lo studio delle postille di Petrarca ai manoscritti che danno testimonianza dell'ars memoriae, un'analisi sottile dei «campi metaforici del thesaurus e della scrittura». Il libro di Torre non è riassumibile. Anche il sottotitolo ce lo conferma: Spie, postille, metafore. Farò riferimento a una sola pagina: quella dedicata alla netta distinzione che fa Petrarca tra gli autori che ha letto una volta sola e in fretta, «come soffermandomi in territorio altrui», e gli autori (come Virgilio, Orazio, Boezio) che invece sono entrati dentro di lui, «non solo nella memoria, ma nel sangue», che «mi penetrarono e s'immedesimarono col mio ingegno, avendo gettato le radici nella parte più intima dell'anima mia».

Non si vedono le cose che non si cercano e (come tutti sanno) si può tranquillamente passare accanto a esse (in questo specifico caso per qualche secolo) senza vederle. In un memorabile articolo intitolato «L'arte ciceroniana della memoria», comparso nel 1956 (in un volume di scritti in onore di Bruno Nardi), Frances Yates segnalava la presenza del nome di Petrarca in un'ampia serie di testi dedicati all'ars memorativa. Relativamente al tema memoria è stato come l'inizio di un incendio. C'è stata un'epoca nella quale occuparsi della tradizione dell'ars memorandi (e del lullismo), dava la eccitante e inquietante sensazione di inoltrarsi in un continente sconosciuto. Dopo meno di cinquant'anni quel continente è diventato un luogo quasi familiare. Per merito di molti studiosi, fra i quali occupano un posto di primo piano Lina Bolzoni, e ora anche l'autore di questo libro. Per i pochi sopravvissuti "giovani esploratori" di un tempo, un libro come questo è come un regalo di Natale.

Andrea Torre, «Petrarcheschi segni di memoria», Edizioni della Normale, Pisa, pagg. 324, € 25.00

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi