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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2011 alle ore 13:30.

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SAN SEBASTIAN - E alla penultima giornata di festival arrivò il 3D, le star e l'avventura. Dopo il melodramma di Sarah Polley Take This Waltz, la guerra infame e torturatrice dell'applauditissimo La voz dormida, la periferia cattiva e pericolosa di Wild Bill, ecco lo spettacolo, soprattutto per i più piccoli. Già, perché San Sebastian può mostrarti opere d'autore, film sperimentali ma anche grandi prodotti popolari.

E nella sala 7 del Principe, ieri, si è avuta la dimostrazione di quale ventaglio di offerte abbia la rassegna diretta da José Luis Rebordinos.
La stampa si è svegliata con I Tre Moschettieri in 3D di Paul W.S. Anderson. Non scambiatelo per il genio di Boogie Nights, Magnolia e Il Petroliere (Paul Thomas), né tanto meno per quello de Il treno per Darjeeling e I Tenenbaum (Wes), lui è un inglese che si è segnalato per titoli "indimenticabili" come Mortal Kombat, Death Race, Resident Evil. Un vate, insomma, del trash fatto bene.

E non si smentisce: i tre moschettieri qui sono Matthew MacFayden, Ray Stevenson e Luke Evans, D'Artagnan è Logan Lerman, ripescato dal poco ricordato Percy Jackson. Più famosi i comprimari: Milla Jovovich è una Milady da infarto, Christoph Waltz sembra il nazista di Tarantino persino con le vesti cardinalizie del machiavellico Richelieu. È tutto sbagliato in questo film: il grande classico di Dumas padre del 1844 è spudoratamente tradito, se non all'inizio e nella soluzione finale: vi basti dire che ci sono persino due dirigibili. Gabrielle Wilde è una splendida Costanza, ma giusto per onor di firma, il resto è un 3D inutile ma mai insopportabile, battute guascone che non possono non farsi amare, un trash in costume che grazie al fatto che non si prende mai sul serio, riesce a portare a casa il risultato: ovvero divertire e intrattenere. Un po' come l'altrettanto brutto ma efficace antenato del 1993, targato Disney e con Charlie Sheen e Kiefer Sutherland tra i moschettieri. Sembrano una boyband avanti con l'età e un frontman minorenne, è vero, e sarà per questo che scelgono per la colonna sonora i Take That (When we were young). Che nostalgia di Adams, Stewart e Sting in All for Love.

Decisamente più curato... il quinto moschettiere, ovvero Il Gatto con gli stivali. Regia di Chris Miller, ma l'anima del progetto è colui che con la sua voce ha fatto tornare in auge questo strano personaggio, nella saga di Shrek: Antonio Banderas. Kursaal esaurito, il tappeto viola percorso tra fan urlanti di ogni età, un'ovazione appena entrato. «In un mondo così difficile, complesso, violento io ritengo un privilegio potervi far ridere». Chiude così la serata in cui ha portato i primi 20 minuti di quello che si annuncia come uno dei migliori film d'animazione degli ultimi anni: curato, divertente, con personaggi irresistibili. Il Gatto con gli stivali, sorta di D'Artagnan felino, un po' playboy (tutto inizia con lui che sbaglia, salutando, il nome della gattina bianca che "abbandona" nel cuore della notte) un po' birbante, un pirata e un signore. Tra un duello di ballo e un furto mancato, ci sono anche Humpty Dumpty, l'uovo a cui dà la voce Zach Galifianakis, e Kitty, una Salma Hayek sexy pure disegnata nel corpo di una gatta.

Disastroso, invece, Le moine (Il monaco) di Dominik Moll, già autore di Lemming, con Vincent Cassel. Melodramma gotico con tanto di tentazioni carnali, suore assassine (come ne La voz dormida: qui con le tonache hanno grossi problemi, e poi se la prendevano con Zapatero) e Satana, pur rispettando gli stereotipi del genere non trova mai il senso della misura. E così, tra eccessi e umorismo involontario, il povero Cassel aggiunge nella propria galleria di personaggi un uomo del Signore davvero improbabile. Sperava di imitare Volontè, ma sembra Silas ne Il codice da Vinci. San Sebastian numero 59, comunque, chiude col botto. E con il sole che è tornato sulla Kontxa, la riva sull'oceano che nessuno dimentica, un'altra perla basca.

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