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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2011 alle ore 08:16.

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Si troverà a suo agio l'austero Declan Donnellan per la sua messa in scena del Racconto d'inverno di Shakespeare, ospitata dal 29 settembre al primo ottobre nell'imponente teatro Olimpico di Vicenza, con quella Tebe in prospettiva realizzata dallo Scamozzi nel 1585 per l'inaugurazione dell'edificio palladiano e, per fortuna, mai rimossa da lì? Lo si potrebbe chiedere allo stesso regista, ma non è facile porgli delle domande, è lui a stabilire di cosa vuol parlare, e lui a decidere se rispondere o meno.
Inglese di nascita, conosciuto in Italia per alcuni significativi allestimenti di celebri drammi shakespeariani, Donnellan ha da anni un fitto rapporto di scambio con la Russia, e dopo aver lavorato a lungo con attori moscoviti ora si misura con una delle formazioni più forti di quel Paese, la compagnia del Maly di S. Pietroburgo, capitanata da un maestro come Lev Dodin.«Qualche anno dopo il nostro arrivo in Russia», afferma «abbiamo avuto la fortuna di essere chiamati da Lev Dodin a realizzare una nostra produzione nel suo teatro e la scelta cadde su The winter's tale. Nel sistema teatrale russo le compagnie sono stabili e così potemmo scegliere lo spettacolo in rapporto alla squadra con la quale avremmo lavorato: un lusso raro!». La scelta fu quindi naturale una volta fatta conoscenza con quei formidabili interpreti. «Sentivamo» chiarisce Donnellan «che Pyotr Semak sarebbe stato un magnifico Leonte, possiamo dire in un certo senso che è stato il testo a scegliere noi» .
Ed è spinto da questa intuizione che il regista sposta il suo raggio di attenzione dalle tragedie più note a quest'opera. «Amo molto le tarde commedie romantiche di Shakespeare – confessa Donnellan –. Vi è dolore e sofferenza, ma anche un senso di redenzione. L'amore resiste, sopravvive. Penso che queste commedie siano una sorta di risposta alle grandi tragedie». Proprio i suoi allestimenti precedenti dimostravano quanto questo artista avesse sempre mirato al cuore della parola shakespeariana, puntando soprattutto sulla forza interpretativa di chi la pronuncia in palcoscenico.«Ho scelto di lavorare sul teatro di Shakespeare – commenta Donnellan –, perché continua a sorprendermi. Penso che ci si debba accostare a questo autore con un atteggiamento di umiltà e direi di ignoranza. Non credo che Shakespeare ci voglia insegnare nulla. Ci prende semplicemente per mano e ci conduce, come se fosse uno di noi, attraverso dei paesaggi che sono assolutamente straordinari».
Dunque i termini della partita sono a lui noti, ma anche questa volta si gioca fuori casa e soprattutto con un gruppo di attori che ha approfondito le grandi teorie del teatro russo del Novecento fondendole in modalità del tutto nuove. A loro Donnellan ha proposto il suo metodo di recitazione, raccolto in un libro intitolato L'attore e il bersaglio (edito in Italia da Dino Audino). «Anche se in effetti il libro è stato inizialmente pubblicato in russo – sottolinea il regista –, le questioni che gli attori si trovano ad affrontare sono le stesse, indipendentemente dalla loro cultura e dalla loro nazionalità, e il mio lavoro cerca di comprendere i problemi ai quali mi sono trovato di fronte nella mia esperienza in sala prove».
Del resto è proprio il Racconto d'inverno a narrare di lente trasformazioni interiori, di ambiguità e doppiezze dell'essere umano, di capovolgimenti di ruolo e di situazione possibili per tutti. Tutto questo sembra rispecchiare idealmente le tecniche di ricerca espressiva del regista:«Penso che può essere utile all'attore – nota Donnellan –, lasciare un po' da parte l'idea che l'agire sia qualcosa che si può decidere e pianificare in anticipo, rispetto al quale si può avere una strategia precisa a priori. È più utile cercare di vedere con gli occhi del personaggio che si interpreta». Insomma la cosa fondamentale è rinunciare all'immagine di se stessi. «Il problema che ci troviamo ad affrontare» conclude Donnellan « è sempre quello di vedere il mondo liberandoci dei nostri filtri».
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Non credo che Shakespeare ci voglia insegnare nulla Ci prende per mano attraverso paesaggi straordinari Declan Donnellan

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