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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2011 alle ore 10:41.

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Giosuè Carducci - Piemonte
Su le dentate scintillanti vette
salta il camoscio, tuona la valanga
da' ghiacci immani rotolando per le
selve croscianti :

ma da i silenzi de l'effuso azzurro
esce nel sole l'aquila, e distende
in tarde ruote digradanti il nero
volo solenne.

Salve, Piemonte! A te con melodia
mesta da lungi risonante, come
gli epici canti del tuo popol bravo,
scendono i fiumi.

Scendono pieni, rapidi, gagliardi,
come i tuoi cento battaglioni, e a valle
cercan le deste a ragionar di gloria
ville e cittadi:

la vecchia Aosta di cesaree mura
ammantellata, che nel varco alpino
èleva sopra i barbari manieri
l'arco d'Augusto:

Ivrea la bella che le rosse torri
specchia sognando a la cerulea Dora
nel largo seno, fosca intorno è l'ombra
di re Arduino:

Biella tra 'I monte e il verdeggiar de' piani
lieta guardante l'ubere convalle,
ch'armi ed aratri e a l'opera fumanti
camini ostenta:

Cuneo possente e pazïente, e al vago
declivio il dolce Mondoví ridente,
e l'esultante di castella e vigne
suol d'Aleramo;

e da Superga nel festante coro
de le grandi Alpi la regal Torino
incoronata di vittoria, ed Asti
repubblicana.

Fiera di strage gotica e de l'ira
di Federico, dal sonante fiume
ella, o Piemonte, ti donava il carme
novo d'Alfieri.

Venne quel grande, come il grande augello
ond'ebbe nome, e a l'umile paese
sopra volando, fulvo, irrequïeto,
- Italia, Italia -

egli gridava a' dissueti orecchi,
a i pigri cuori, a gli animi giacenti.
- Italia, Italia - rispondeano l'urne
d'Arquà e Ravenna:

e sotto il volo scricchiolaron l'ossa
sé ricercanti lungo il cimitero
de la fatal penisola a vestirsi
d'ira e di ferro.

- Italia, Italia! - E il popolo de' morti
surse cantando a chiedere la guerra;
e un re a la morte nel pallor del viso
sacro e nel cuore

trasse la spada. Oh anno de' portenti,
oh primavera de la patria, oh giorni,
ultimi giorni del fiorente maggio,
oh trionfante

suon de la prima italica vittoria
che mi percosse il cuor fanciullo! Ond'io,
vate d'Italia a la stagion più bella,
in grige chiome

oggi ti canto, o re de' miei verd'anni,
re per tant'anni bestemmiato e pianto,
che via passasti con la spada in pugno
ed il cilicio

al cristian petto, italo Amleto. Sotto
il ferro e il fuoco del Piemonte, sotto
di Cuneo 'I nerbo e l'impeto d'Aosta
sparve il nemico.

Languido il tuon de l'ultimo cannone
dietro la fuga austrïaca moría:
il re a cavallo discendeva contra
il sol cadente:

a gli accorrenti cavalieri in mezzo,
di fumo e polve e di vittoria allegri,
trasse, ed, un foglio dispiegato, disse
resa Peschiera.

Oh qual da i petti, memori de gli avi,
alte ondeggiando le sabaude insegne,
surse fremente un solo grido: Viva
il re d'Italia!

Arse di gloria, rossa nel tramonto.
I'ampia distesa del lombardo piano;
palpitò il lago di Virgilio, come
velo di sposa

che s'apre al bacio del promesso amore:
pallido, dritto su l'arcione, immoto,
gli occhi fissava il re: vedeva l'ombra
del Trocadero.

E lo aspettava la brumal Novara
e a' tristi errori mèta ultima Oporto.
Oh sola e cheta in mezzo de' castagni
villa del Douro,

che in faccia il grande Atlantico sonante
a i lati ha il fiume fresco di camelie,
e albergò ne la indifferente calma
tanto dolore!

Sfaceasi; e nel crepuscolo de i sensi
tra le due vite al re davanti corse
una miranda visïon: di Nizza
il marinaro

biondo che dal Gianicolo spronava
contro l'oltraggio gallico : d'intorno
splendeagli, fiamma di piropo al sole,
I'italo sangue.

Su gli occhi spenti scese al re una stilla,
lenta errò l'ombra d'un sorriso. Allora
venne da l'alto un vol di spirti, e cinse
del re la morte.

Innanzi a tutti, o nobile Piemonte,
quei che a Sfacteria dorme e in Alessandria
diè a l'aure primo il tricolor, Santorre
di Santarosa.

E tutti insieme a Dio scortaron l'alma
di Carl'Alberto. - Eccoti il re, Signore,
che ne disperse, il re che ne percosse.
Ora, o Signore,

anch'egli è morto, come noi morimmo,
Dio, per l'Italia. Rendine la patria.
A i morti, a i vivi, pe 'I fumante sangue
da tutt'i campi,

per il dolore che le regge agguaglia
a le capanne, per la gloria, Dio,
che fu ne gli anni, pe 'I martirio, Dio,
che è ne l'ora,

a quella polve eroïca fremente,
a questa luce angelica esultante,
rendi la patria, Dio; rendi l'Italia
a gl'italiani.

Ceresole reale, 27 luglio 1890

Luigi Sampietro è nato nel 1943 in provincia di Pavia da genitori sfollati dalla guerra. È cresciuto a Milano é cresciuto a Milano e ha perfezionato gli studi negli Stati Uniti dove ha iniziato la carriera di docente. Dal 1981 è professore ordinario di Letteratura americana presso la facoltà di Lettere della Statale di Milano e dal 1992 collabora alle pagine del Domenicale del Sole 24 Ore.

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