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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2011 alle ore 20:40.

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Un Nobel a lungo atteso. Un Nobel tante volte annunciato. Un Nobel che arriva (verrebbe da dire con ingiustificabile ritardo) a premiare uno dei più grandi talenti poetici contemporanei. Che, certamente, non era noto solo a una ristretta cerchia di intenditori. Basti pensare che fin dal 1954 quando, a soli ventitre anni, esordì con la raccolta 17 Poesie (17 Dikter), Tomas Tranströmer ottenne un successo tanto inaspettato quanto straordinario.

Basti pensare che le sue opere sono state tradotte in moltissime lingue. Già nel 1980 un critico (N. Schiöler) osservava come ciò che era stato scritto su di lui superasse cento volte quello che era stato scritto da lui. Perché Tranströmer è il poeta dell'essenzialità. Le sue raccolte non sono numerose, il suo percorso lo ha condotto a ricercare una lingua il più concentrata possibile, il meno ‘corrotta' da inutili e ridondanti parole. Il che, tra l'altro, spiega la scelta di rifarsi talora al modello della poesia giapponese haiku.

Le parole sono, per Tranströmer, strumenti da maneggiare con cura per misurarsi con una realtà troppo spesso frammentaria e incomprensibile, per poter, in qualche modo, «dare ordine» al mondo che ci circonda, costruire una qualche relazione. Ma restando, come dice egli stesso "alla giusta distanza dalla realtà" (på lagom avstånd från verkligheten), perché essa sempre ne cela un'altra. La sua poesia ha dunque il carattere metafisico di indagine sul mistero dell'esistenza: viviamo in questo mondo e accanto. Lo strumento poetico per eccellenza di Tomas Tranströmer è la metafora (il mondo è una metafora!) nella quale è insuperato maestro.

La metafora ha carattere prevalentemente visivo: crea un'immagine che oltrepassa tortuosi cammini linguistici e filosofici, raggiunge l'essenza. Basti un esempio (fra gli innumerevoli): "nelle prime ore del giorno la coscienza può comprendere il mondo come la mano che afferra una pietra scaldata dal sole" ("i dagens första timmar kan medvetandet omfatta världen som handen griper en solvarm sten"). La vita è un sogno, la vita è un viaggio (al che si lega il tema della morte), la vita è un orizzonte in perenne mutamento: l'io del poeta è un frammento di esistenza difficile da comprendere, talora travisato, sconosciuto anche a se medesimo. La verità (e la bellezza) si afferrano solo per brevi attimi, Dio magari lo si intravvede di sfuggita e di lato: Egli, del resto (si noti l'immagine evangelica), "scrive sulla sabbia" ("skriver på sanden").

Le parole hanno vita solo quando sanno riflettere il mistero, quando per un breve attimo la verità le trapassa. E, dunque, occorrerà ribellarsi a ogni forma di linguaggio che si faccia strumento di potere rinchiudendo le persone in prigioni fatte di parole che esprimono convenzioni da taluni imposte e da altri subite. La poesia come possibile via di uscita. Tomas Tranströmer è nato a Stoccolma nel 1931, figlio di un giornalista e di un'insegnante. Dopo la separazione dei genitori è vissuto con la madre nel quartiere di Södermalm. Un rapporto di particolare affezione lo ha sempre legato ai nonni materni e nei suoi versi si ritrova facilmente l'eco dei periodi trascorsi nella vecchia casa di famiglia sull'isola di Runmarö nell'arcipelago di Stoccolma.

Dopo la laurea ha lavorato come psicologo in istituti di correzione e centri di riabilitazione. Ha a lungo vissuto a Västerås. Abile pianista ha composto anche brani musicali. Nel 1990 è stato colpito da una malattia che ne ha limitato le capacità: con l'aiuto della moglie Monica l'ha affrontata con grande forza d'animo. L'ho incontrato a Firenze nell'aprile del 2003 in occasione di un incontro a lui dedicato; due persone semplici, amabili e cortesi, un colloquio piacevole: il poeta e sua moglie.

Gianna Chiesa Isnardi, già professore ordinario di Culture e Letterature Scandinave all'Università di Genova, ha dedicato le sue ricerche al mondo scandinavo medievale e moderno, grazie anche a diversi soggiorni di studio nei diversi Paesi nordici. Tra le sue pubblicazioni: Lirica scandinava del dopoguerra. Voci e tendenze più significative (Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa – Roma, 1997): contiene alcune liriche di T. Tranströmer Tomas Tranströmer, Sorgegondolen, (La lugubre gondola), a cura di Gianna Chiesa Isnardi, Herrenhaus, 2003 (con un saggio sulla poetica di Tranströmer dal titolo "La tastiera muta", pp. 55-148)

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