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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2011 alle ore 08:14.

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A pochi giorni di distanza dal Nobel in fisica per la scoperta dell'accellerazione cosmica, che ci parla del destino futuro dell'universo, esce in Italia per i Saggi Bompiani un ottimo testo di divulgazione scientifica, che parla delle ricerche sul passato lontano del nostro universo. L'autore è Martin Bojowald, giovane brillante scienziato tedesco che è stato fra i protagonisti di una recente entusiasmante stagione di ricerche sull'origine dell'universo. Il libro ha riscosso un enorme successo in Germania, rimanendo per settimane in cima alle classifiche dei libri più venduti. L'argomento non è di poco conto: come è nato l'Universo che vediamo?
La storia inizia quando Albert Einstein ha una delle sue idee più formidabili: applicare la sua nuovissima teoria, la relatività generale, ai moti collettivi dell'intero universo visibile. Einstein pensa, come tutti, che l'Universo sia sostanzialmente immobile. Resta sconcertato rendendosi conto che la sua teoria implica che l'universo non possa stare fermo: o si espande, o si contrae. È come un pallone che può volare verso l'alto (se gli abbiamo dato un calcio), o cadere, ma non può restare fermo a mezz'aria. Il pallone non resta fermo perché è attirato dalla gravità terrestre; l'universo intero non resta fermo a causa della forza di gravità che attira le galassie una verso l'altra. Einstein non riesce a credere a questa previsione, cambia le equazioni e imbroglia un po', per mostrare (sbagliando) che la sua teoria è compatibile con un universo statico. Ma chiamerà poi questa scelta «il più grande errore della mia vita»: se avesse creduto alla sua teoria, avrebbe previsto l'espansione dell'Universo, poi osservata qualche anno dopo.
L'universo si sta dunque effettivamente espandendo, come un insieme di palle lanciate in aria da una grande spinta iniziale. Circa 14 miliardi di anni fa, tutta la materia dell'universo era concentrata a densità altissima in uno spazio piccolissimo. L'idea di questa esplosione cosmica iniziale, il celebre "Big Bang", è stata inizialmente considerata fantascientifica, ma le prove a sostegno si sono sempre più accumulate fino al 1964, quando è stata direttamente osservata la "radiazione cosmica di fondo", che è diffusa in tutto l'universo ed è una traccia diretta del grande calore iniziale di quando l'universo era molto compresso. Dagli anni Settanta appare chiaro che l'universo che vediamo è emerso da un'immensa esplosione iniziale. Ma cosa ha dato origine a questa esplosione? Cosa ha prodotto la spinta iniziale? Cosa è successo prima del Big Bang?
La teoria di Einstein non ci è d'aiuto per rispondere a questa domanda, perché vicino al Big Bang la materia è così densa che si entra in un regime dove la meccanica quantistica non può più essere trascurata. Per studiare l'inizio dell'universo visibile, serve una teoria quantistica della gravità, problema ostico sul quale la fisica contemporanea non ha ancora idee del tutto chiare. Durante gli anni Ottanta e Novanta, è stata sviluppata una possibile soluzione a questo problema, una teoria quantistica della gravità chiamata "teoria dei loop". La teoria combina la meccanica quantistica con la relatività generale e, in linea di principio, dovrebbe permettere di esplorare teoricamente il Big Bang stesso.
Nel 2000, Martin Bojowald, allora ventisettenne, pubblica un primo lavoro cruciale in cui trova il modo di applicare le equazioni della teoria dei loop alla cosmologia. Il risultato è sorprendente: seguendo indietro nel tempo la storia dell'universo, non si incappa in un istante iniziale, ma il Big Bang risulta essere un gigantesco "rimbalzo" a seguito di una fase precedente di contrazione. Quando la densità della materia di un universo in contrazione diventa molto alta, la meccanica quantistica entra in azione, producendo una specie di forza repulsiva (non del tutto dissimile dalla "forza" repulsiva di orgine quantistica che impedisce agli elettroni di cadere sul nucleo degli atomi). Questa forza repulsiva quanto-gravitazionale fa "rimbalzare" l'universo in contrazione, dando così origine a un universo in espansione. L'universo che vediamo potrebbe quindi essere nato dal rimbalzo di una precedente fase di contrazione. La spinta iniziale che dà inizio all'espansione dell'universo potrebbe essere questa forza repulsiva di origine quantistica.
Il primo lavoro di Bojowald ha dato origine a una vasta attività di ricerca, in cui oggi sono coinvolti decine di scienziati, anche italiani, e in cui Bojowald ha continuato a giocare une ruolo di primo piano. Ancora non abbiamo una conferma sperimentale della spettacolare previsione del "grande rimbalzo" iniziale, ma la storia della cosmologia moderna è piena di conclusioni teoriche sorprendenti, poi verificate sperimentalmente, ed è lecito sperare che la storia possa ripetersi.
Bojowald racconta questa appassionante ricerca sull'origine del nostro universo, con un linguaggio semplice, preciso, ma brillante e talvolta pittoresco. Non usa equazioni, ma non arretra dinnanzi alle difficoltà concettuali della gravità quantistica. La sua esposizione parte dalle idee di base, è coinvolgente, ma molto onesta, e questa è una virtù rara e molto apprezzabile nella divulgazione contemporanea: Bojowald non cerca di vendere delle idee speculative come se fossero accertate, ed è puntiglioso nel distinguere ciò che sappiamo dalle ipotesi. Al di là della umile franchezza del linguaggio, traspaiono chiari, e quasi contagiosi, la passione, l'orgoglio e l'entusiasmo nel cercare di vedere così lontano. Ma l'aspetto migliore del libro viene dalla vasta cultura di Martin Bojowald, che sa tenersi lontano dalla chiusura troppo specialistica, sa spaziare su problemi ampli e dialogare nel testo con interlocutori che vanno da Kant a Platone, da Goethe a Sartre, da Nietzsche a Wittgenstein, sulle vaste e molteplici questioni aperte dal tentativo, ambizioso, di guardare al di là del Big Bang.

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