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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2011 alle ore 08:15.

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Balletto impossibile, "scioperato", rincorso nel vento e finalmente acciuffato! Raymonda l'ultimo capolavoro del 1898 di un ormai fragile ottantenne, ma tutt'altro che appannato Marius Petipa – l'autore dei più rappresentati balletti dell'Ottocento, a cominciare dal Lago dei cigni –, entra solo ora e per la prima volta, nel repertorio del Balletto della Scala.

Ne fu tentata una (tardiva) immissione nel 1989, novantesimo anniversario della coreografia. Invano: pronto lo spettacolo, a firma Jurij Grigorovicv, i ballerini decisero uno sciopero e bloccarono debutto e recite.

Date infelici, platea semivuota e sonnolenta, invece, in una tarda estate 2000: allora Raymonda, del già scomparso Rudolf Nureyev, era però solo di passaggio alla Scala con il Balletto dell'Opéra di Parigi. L'impressione fu comunque scoraggiante: sembrava che il fascino medievale dei tre atti sulla musica con pagine rapinose di Aleksandr Glazunov, non potesse attecchire sul palcoscenico del Piermarini. Invece, con Makhar Vaziev, da ormai quattro stagioni alla testa della compagnia scaligera, Raymonda al nastro di partenza, è addirittura una prima assoluta, anzi mondiale.

Dal Balletto del Mariinskij-Kirov, da lui diretto per tredici anni, Vaziev ha chiamato alla Scala l'amico "filologo" Sergej Vikharev, con il quale, nel 1999, inaugurò la moda tutta russa dei restauri coreografici dell'Ottocento. Sapeva che da tre anni quel maître de ballet, ormai espertissimo nel decrittare le notazioni coreografiche (in scrittura Stepanov), conservate all'Harvad Theatre Collection, stava studiando Raymonda. E Vikharev è arrivato, confidando di allestire, con il suo staff di storici ed esperiti: «Un capolavoro in stile russo, dal sapore italiano». Ora forse sarà il contrario: non è facile acquisire uno stile preciso quando il corpo, di solito, ne restituisce molti.

Sfida tra le sfide è, d'altra parte, la filologia stessa nel balletto: può mai esistere, se i suoi strumenti, a differenza di quelli musicali, non sono ricostruibili, ed emettono "suoni" esistenziali e psichici assai diversi da quelli di secoli fa? La protagonista di Raymonda, nel 1898, era la muscolosa e brevilinea Pierina Legnani, già trentenne. Velocissima nei piccoli passi e dalla tecnica perfetta, incarnava una bellezza sulle punte opposta a quella della ventenne Olesia Novikova, da San Pietroburgo, cui è stato affidato oggi lo stesso ruolo. Nelle notazioni coreografiche originali esistono, inoltre, zone d'ombra, variamente interpretabili. Vikharev, le chiama «le macchie bianche», ispirandosi ai restauri degli affreschi in cui «ciò che resta bianco non compromette la qualità e la struttura dell'insieme». Nel balletto, però, non vi possono essere vuoti. Dopo La Bella addormentata (nel 1999), Petruška, La bayadère, Le Réveil de Flore, Coppélia, Don Chisciotte, Vikharev li riempie con l'esperienza. Però il "canto del cigno" di Petipa è un balletto speciale: l'epitome di un genere tardo-romantico, presto spazzato via dalla Rivoluzione del 1905, ma ancor prima dalla nascita di un balletto nuovo: sintetico, più attento all'espressione che alle linee.

Raymonda «che ha tutto, tranne che un significato», secondo le impietose critiche dell'epoca, disperde la sua trama in un florilegio di danze pure. Tra "ballabili" a perdifiato, e danze di carattere, la protagonista è in attesa del suo promesso sposo, il crociato Jean de Brienne. Una dama Bianca, fantasma alla Edgar Allen Poe, mostra alla giovane, in sogno, l'effigie ancora sconosciuta del suo cavaliere, subito scalzata da un bellissimo e ardente saraceno. Raymonda lo respingerà, turbata, anche quando, nel cuore di una festa, Abderahman irromperà davvero, professando un amore pronto a conquistarla con la forza.

L'arrivo del crociato ne eviterà il rapimento, ma il re d'Ungheria imporrà ai due rivali in amore un torneo cavalleresco. Nel divertissement finale, in stile ungherese, brilla un Pas classique hongrois in cui Raymonda pone sul capo del vincitore Jean de Brienne, dalla sessualità ambigua, una corona di fiori... Lo zampino di Freud proietta la sognatrice dell'amour fou, passionale, nel futuro, ma ancora in una massa – centosettanta tra interpreti, allievi della Scuola di ballo e comparse – da imperdibile opera tradizionale.

Raymonda, Balletto del Teatro alla Scala, 11 ottobre-4 novembre

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