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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2011 alle ore 08:14.

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John Ruskin deplorava l'esistenza della locomotiva. Poteva essere di qualche utilità, senza dubbio; ma perché diavolo doveva avere l'aspetto di una locomotiva? Non era possibile travestirla da drago, fare in modo che emettesse fuoco e si slanciasse al battito di lunghe ali di ferro? Le macchine sono orrende, pensava Ruskin, intrinsecamente orrende, come tutto quello che ne proviene. Se proprio non è possibile farne a meno, che siano almeno rivestite di guarnizioni gotiche.
Oggi ci dilettiamo a immaginare la scienza applicata come una sorta di ginn addomesticato, assunto con regolare contratto al servizio delle masse liberate dal lavoro e dalle sue fatiche. Mezzo secolo fa, Tolstoj predicava un ritorno alla produzione artigianale nel quadro di comunità di villaggio che avrebbero dovuto, nella misura del possibile, divenire autosufficienti. Il più grande dei suoi discepoli, il Mahatma Gandhi, ha predicato la stessa dottrina, ed è vissuto abbastanza a lungo da vedere la nazione di cui aveva conquistato l'indipendenza adottare una politica di completa industrializzazione.
È facile riconoscere i limiti di questi argomenti classici contro il macchinismo e in favore di un ritorno alla produzione artigianale. (...)
Ma ci si permetta di notare uno sviluppo del tutto imprevisto, non ipotizzato né da Ruskin e Morris, né da Tolstoj o Gandhi, e neppure dalla maggior parte dei filosofi e dei sociologi più recenti che hanno intravisto con timore la crescente dipendenza dell'uomo dalla macchina – macchina che produce il necessario e il superfluo, dispensa divertimenti, fabbrica opere d'arte sintetiche e surrogati in latta o plastica di quanto prodotto da tempo immemorabile dall'abilità manuale degli uomini.
Mentre le grandi macchine sono diventate, e in modo spettacolare, ancora più grandi, nuove macchine nane hanno visto la luce in modo silenzioso, e proliferano oggi come conigli. Queste macchine piccole sono destinate ai privati cittadini, e non alle grandi organizzazioni dirette dai detentori del potere finanziario e politico. Esse sono prodotte dalla grande industria, ma il loro scopo, paradossale, è restituire al singolo consumatore una parte dell'indipendenza che fu sua in un passato ancora non molto lontano, quando non esisteva ancora la grande industria che ha sottomesso l'individuo ponendolo alle sue dipendenze. Piccoli strumenti meccanici associati a ogni sorta di piccoli apparecchi, nuovi materiali sintetici, pitture e mastici, saldature e adesivi nuovi hanno fatto nascere una nuova razza di artigiani, che passano le ore di lavoro in aziende che fabbricano prodotti su scala industriale, in uffici che ne organizzano la distribuzione, in magazzini che li vendono, su camion o treni che li portano a destinazione, ma nel tempo libero – e una settimana lavorativa di quaranta ore lascia un bel po' di tempo libero – divengono artigiani, utilizzando gli strumenti e i materiali forniti dai produttori, e lavorano per se stessi, per il puro piacere di farlo, oppure perché non sono in grado di pagare qualcuno che effettui le riparazioni domestiche, o ancora (provando piacere in quello che sono obbligati a fare per le loro condizioni economiche) per le due ragioni insieme.
Milioni di persone si sono stancate di stare semplicemente a guardare e ascoltare, e hanno deciso di dedicare il loro tempo libero a qualche attività costruttiva. La maggior parte di queste attività ha un carattere utilitaristico; tuttavia, in numerosi casi, questi nuovi lavoratori-artigiani dell'era delle macchine aggiungono ai loro passatempi utilitaristici la pratica di un'attività artistica. Esiste una folla innumerevole di idraulici dilettanti, ma anche di scultori, pittori, ceramisti dilettanti. Non si era mai visto un interesse così generale e diffuso per l'arte (si possono facilmente acquistare libri su Picasso o Modigliani), e non si erano mai viste così tante persone impegnate a maneggiare pennelli e plasmare l'argilla. Siamo forse, a dispetto di Ruskin e Morris, alla vigilia di una nuova età dell'ora della creatività artistica? Io me lo chiedo...
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il libro
Si intitola Gli automi sono tra noi (Storie di bambole, marionette e meraviglie intelligenti) la raccolta che uscirà in settimana per Medusa (pagg. 216, € 19,50) da cui è tratto il brano di Huxley qui sopra. Curato da Roberto Peverelli (postfazione di Mario G. Losano) contiene testi, tra gli altri, di Lucentini, Sinisgalli, Hoffmann, Poe, Rilke e Baudelaire.

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