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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2011 alle ore 13:38.

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"Diverse volte, basta rovesciare le reputazioni create dalla gente per avere il giudizio esatto su una persona". La frase è tratta da «Breviario proustiano» (Einaudi), libro curato dalla poetessa Patrizia Valduga, che contiene, divise per temi, dalla felicità all'inconscio, fino alla memoria, circa 1.500 pensieri tratti dalla Recherche di Marcel Proust, nella traduzione di Giovanni Raboni.

«E' una citazione che mi piace molto, perché da tanto tempo mi perseguita la fama di donna difficile, severa, insopportabile. Rovesciando questa reputazione, si ha il mio ritratto», ci dice l'autrice. Raboni, aveva pensato di affidare l'opera al filosofo Maurizio Ferraris, già, negli anni '80, condirettore di Alfabeta e ora collaboratore delle pagine culturali di la Repubblica. Il progetto originario non andò in porto e l'idea del libro, che oggi possiamo leggere, tornò in mente a Patrizia Valduga, durante la malattia di Raboni.

Lo spirito che anima l'opera è quello di mostrare come Proust, oltre che un grande romanziere, sia a pieno titolo uno scrittore della tradizione moralistica francese, insieme a Montaigne, Pascal, Rochefoucauld e Joubert.

La parola breviario nel titolo avvicina il libro a una dimensione religiosa, come suggerisce l'autrice, che aggiunge: «Sono una collezionista di citazioni. Ho raccolto 21 quaderni, a partire dal 1976! Le amo, mi aiutano, sono saggezza a portata di mano. Adesso ho fatto io un libro di citazioni da consultare, non da leggere d'un fiato. E in qualche modo è sacro per me, perché contiene tutto quello che una mente straordinariamente dotata ha pensato sul mondo e sull'animo umano».

E, volendo restituire in poche parole il significato della Recherche, Patrizia Valduga richiama la definizione di Raboni: «Quando si parla di letteratura della memoria il pensiero va spontaneamente a un'elegia della memoria, cioè al "rimpianto" del tempo perduto. E Proust è il contrario di tutto questo. Il tempo perduto sarebbe perduto per sempre se non diventasse riscatto del tempo attraverso l'abolizione del tempo».

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