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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2011 alle ore 19:46.

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Sono lontani i tempi in cui, in Italia, si pubblicava al massimo un libro sul jazz all'anno. Nei primi giorni del 1953, la presentazione a Milano delle 500 pagine dell'Enciclopedia del Jazz di Gian Carlo Testoni, Arrigo Polillo e Giuseppe Barazzetta con la collaborazione di Roberto Leydi e Pino Maffei, edizione delle Messaggerie Musicali, fu un autentico avvenimento. Oggi i libri specifici si susseguono con frequenza perfino eccessiva e non manca il ciarpame.

Non è il caso comunque di dolersene, sebbene il ritmo superi le possibilità di lettura degli addetti. Qui cerchiamo di selezionare il meglio degli ultimi mesi, non senza osservare subito con soddisfazione che tre pubblicazioni riguardano il jazz italiano ed europeo.

Il trombettista Enrico Rava propone un'autobiografia per i tipi di Feltrinelli: "Incontri con musicisti straordinari, la storia del mio jazz". Emergono a tutto tondo solisti con i quali ha suonato in Europa e nelle due Americhe – Gato Barbieri, Carla Bley, Steve Lacy, Michel Petrucciani, Richard Galliano, Astor Piazzola, Pat Metheny, Lee Konitz e tanti altri – scolpiti con linguaggio piacevole e discorsivo. Si ricordi con l'occasione che Rava ha un'altra "quasi autobiografia", quella che nel 2004 gli dedicò per Minimum Fax il giornalista Alberto Riva. Si intitola "Note necessarie" ed è completata da un cd antologico. Il titolo deriva da un consiglio che a Rava diede Joao Gilberto durante il furore del free jazz al quale il trombettista partecipava senza troppa convinzione: "Suona soltanto le note necessarie, lascia perdere le altre". Rava aveva 65 anni e già si parlava della sua seconda giovinezza artistica, tuttora in pieno corso.

E' in libreria dallo scorso maggio l'edizione italiana di "Blue Note Records" dell'inglese Richard Cook stampata da Minimum Fax, il cui successo aumenta col passare del tempo. Ma si può dedicare un libro alle vicende di una casa discografica? Certo che si può, quando si tratta del "meglio del jazz dal 1939 in poi", come giustamente l'etichetta proclama di sé. Perché Blue Note non significa soltanto musica di alto livello: si tratta anche di un laboratorio di idee basato sullo scambio fra i produttori e gli artisti, fra i quali si distinguono nel passato prossimo e remoto Thelonious Monk, Bud Powell, Miles Davis, Art Blakey, Herbie Hancock e oggi John Scofield, Wynton Marsalis, Dianne Reebes e Norah Jones. Altrettanto importanti e pertinenti sono le copertine e il design.

Nicola Gaeta ha realizzato un robusto volume di 416 pagine intervistando 33 musicisti italiani di jazz suddivisi fra pionieri tuttora in attività, generazione di mezzo e "nuovi visionari". Ne è uscito un racconto in prima persona del jazz italiano che l'autore ha intitolato "Una preghiera tra due bicchieri di gin" (Caratterimobili edizioni, prefazione di Filippo Bianchi). Questa insolita ma splendida definizione del jazz è citata da Giorgio Gaslini, secondo intervistato della serie dopo Franco Cerri, ma è di Duke Ellington (e Gaslini cita anche "un graffio dell'anima" di Thelonious Monk". Fra gli intervistati c'è pure qualche produttore (Giovanni Bonandrini, Flavio Bonandrini, Sergio Veschi) e c'è il complemento di una discografia fin troppo essenziale. Il libro va letto e riletto con attenzione. C'è molto da imparare.

La proficua collaborazione fra Edt-Edizioni di Torino e Siena Jazz si arricchisce di un altro libro notevole. E' "Django" di Michael Dregni (sottotitolo "Vita e musica di una leggenda zingara") che riguarda naturalmente il mitico chitarrista gitano Django Reinhardt. L'opera esce in italiano con un anno di ritardo rispetto al centenario della nascita di Django (1910-1953), ma l'originale per Oxford University Press di New York risale al 2004, quindi non teneva in alcun conto le ricorrenze. E' l'opera che fa capire meglio di ogni altra come questo genio musicale, chitarrista noto al pubblico francese già prima di incontrare il jazz, abbia assimilato la musica afro-americana all'inizio degli anni trenta per il semplice ascolto di alcuni dischi, e sia diventato in breve il primo solista della chitarra jazz in campo internazionale. Prima ancora dell'astro luminoso d'America, Charlie Christian.

Mi si permetta di concludere annunciando l'uscita fra pochi giorni la versione italiana di un altro libro che ricorda il ventesimo anniversario della scomparsa di Miles Davis. L'autore, Richard Williams, analizza una delle opere più celebri di Davis, Kind Of Blue, che a suo avviso "fece rinascere la musica moderna". Il libro si intitola The Blue Moment, l'editore è Il Saggiatore. Posso garantirlo avendo letto l'originale.

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