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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2011 alle ore 15:42.

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Luigi Einaudi (disegno di Andrea Ventura)Luigi Einaudi (disegno di Andrea Ventura)

Ma è sulla crisi finanziaria di questi ultimi anni che Einaudi avrebbe certo scritto pagine memorabili, per denunciare il tentativo di attribuirne la responsabilità esclusiva al mercato; e di imputare a quest'ultimo ogni nequizia morale. «Liberalismo non vuol dire assenza di vincoli statali, di norme coattive…Il liberismo economico è una invenzione sfacciata dei socialisti, dei dirigisti, degli interventisti», ripeterebbe. E riprenderebbe la propria descrizione del mercato, quella esemplificata dalla fiera del paese, per ribadire che esso esige regole, valori e istituzioni; e che è solo una caricatura interessata quella dell'arena in cui va in scena la costante guerra di tutti contro tutti.

Proprio nella battaglia contro i «fantocci polemici», il conformismo, l'uniformità del pensiero; nell'aspirazione a una società aperta e conflittuale; nella visione del mercato capace di assumere, come rilevò Gobetti, un'autentica dimensione «spirituale», sentiamo contemporaneo il professore nato pochi anni dopo l'Unità.

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