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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2011 alle ore 20:35.

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Quando nel 1997 lanciai su queste pagine il confronto filosofico su analitici e continentali – a partire da un intervento di Michael Dummett che prendeva spunto da un fortunato volume di Franca D'Agostini – la mia intenzione era molto semplice: mostrare al pubblico colto che l'onnipresente «koiné ermeneutica» non copriva affatto l'intera pratica filosofica, come pretendevano alcuni fautori del pensiero debole e di altre versioni italiane del post-moderno, e che in realtà ben pochi erano i filosofi nel mondo che erano disposti a piegarsi in toto al relativismo scientifico, ontologico e morale veicolato da quelle posizioni.

La vivacità di quel dibattito credo abbia reso più chiaro il carattere che andavo imprimendo alle pagine Scienza e filosofia di questo supplemento, che intendevano dare voce anche – anzi, soprattutto – a coloro che, per dirla con Dummett, analitici o continentali che fossero, «credono che la filosofia sia ancora un campo vitale per la ricerca della verità, e che questa ricerca non sia vana». Al dibattito partecipò anche Maurizio Ferraris, autore proprio nel 1997 di un libro innovativo come Estetica razionale, e che su Repubblica nei mesi scorsi ha lanciato il manifesto del nuovo realismo, il quale mi chiese di raccogliere tutti gli interventi in un numero speciale della «Rivista di Estetica».

Quella discussione costituì anche il primo nucleo della più ricca rassegna stampa filosofica nel web poi confluita nel sito dello Swif. Sorprende, nel dibattito di questi ultimi mesi, a quasi quindici anni di distanza, la ripetitività del confronto italiano sui media e la sostanziale mancanza di ricambio generazionale tra i protagonisti della scena filosofica nostrana, per lo più ancora impermeabili alle correnti filosofiche angloamericane che costituiscono una parte consistente dell'attività filosofica nel mondo. In realtà oggi, nelle università italiane, una nuova generazione di filosofi ha infranto quella barriera e fa filosofia in maniera più consonante con le esigenze di internazionalizzazione, privilegiando i problemi e le domande alla retorica delle grandi visioni del mondo.

«Il pensiero fa progressi» era intitolato quel vecchio articolo di Dummett. E il progresso della filosofia non è incompatibile con il carattere aperto delle grandi domande filosofiche, come quella inerente al «realismo scientifico» di cui ci parla in questa pagina Hilary Putnam, protagonista indiscusso della filosofia della scienza dell'ultimo mezzo secolo.

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