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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2011 alle ore 19:20.

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"Nessuno di noi sapeva come si realizza un film di danza in 3D" dice Wim Wenders, il regista tedesco arrivato a Roma per presentare come evento speciale al Festival il suo Pina, basato sulla figura della coreografa e danzatrice Pina Bausch. "Abbiamo imparato strada facendo, sempre più convinti che la strada fosse quella giusta. Ma abbiamo anche fatto in modo che il mezzo tecnologico non attirasse troppo l'attenzione: doveva quasi scomparire per lasciare emergere l'arte di Pina".

Il film era un progetto covato per più di vent'anni dal regista e dalla Bausch, che però è scomparsa improvvisamente a due giorni dall'inizio delle riprese. Senza di lei, secondo Wenders, il film non si poteva fare. Ma i ballerini della sua compagnia hanno insistito. "Stavano per cominciare le prove dei pezzi che io e Pina avevamo già deciso di filmare e mi hanno pregato di continuare il lavoro di Pina". Da subito Wenders ha deciso che anche gli spettatori avrebbero dovuto partecipare. "Il pubblico doveva provare la sensazione di essere sul palcoscenico con i danzatori, anche se questo ha significato piazzare in mezzo al teatro una gru che sembrava un dinosauro". Dal 2009, quando sono iniziate le riprese, la tecnologia si è alleggerita e "ci ha messo le ali", dice Wenders. "Da Pina ho imparato ad apprezzare la capacità del nostro corpo di farci esprimere senza usare le parole". Ha imparato anche a ballare? "Per carità: chi mi ha visto farlo sa che è meglio tenersi a distanza"

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