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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2011 alle ore 08:05.

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Il disco con i testi di Bono e Iggy Pop
Dopo cinquanta milioni di dischi venduti Zucchero è davvero l'emblema del successo all'estero della musica made in Italy. Ha cantato e suonato con Miles Davis, Eric Clapton, Sting, Ray Charles, Stevie Wonder, Madonna, Pavarotti, Solomon Burke, B.B. KIng, Bono Vox, i Queen, Macy Gray. Successo ottenuto cantando in italiano, intervallato all'inglese nei testi, ma cantando soprattutto nella sua lingua madre. «La musica buona non ha nulla a che fare con le lingue», ha detto di recente in un'intervista a Onstage. «Le canzoni possono essere cantate anche in idiomi indecifrabili, se sono buone restano buone…». Insomma, un lungo lavoro di semina. «Ho investito economicamente ma soprattutto artisticamente sulla mia carriera all'estero. Sono andato in posti dove non andrebbe nessuno, nei paesi più sperduti, pensando a suonare». Su e giù dal palco, Senza soste. Un giorno dopo l'altro… Fino al tempo del raccolto, del successo meritato. Oltre al disco, al tour in giro per il mondo e al romanzo biografico è così arrivato anche il primo disco interamente in inglese "Zucchero who", uscito a settembre in Nord America, con la versione english dell'emiliano Chocabeck, e I testi scritti, tra gli altri, dal suo amico Bono, ma anche – udite udite – dall'iguana Iggy Pop.

On stage
La scenografia del concerto riporta all'idea del viaggio, in giro per il mondo. Un enorme baule, di quelli che un tempo si usavano per fare il Gran Tour, con i bolli stampati e le cartoline degli hotel attaccate, racchiude tutto il palco. Il baule si apre e Zucchero è seduto su una poltrona stile rococò, sorta di barocco-country, che lo sovrasta. Suona una chitarra, con il solito cappellone in testa e comincia con un set acustico la prima parte dello spettacolo nella quale vengono proposti quasi tutti i brani del suo ultimo disco. Sembra un concerto unplugged, intimo, quasi raccolto, per pochi, davanti però al Forum di Milano strapieno. A tratti le parole vengono sottolineate nell'enorme schermo che chiude il palco. «Mani tese. Domenica». «Quando avevo fame e non c'era niente da mangiare». «C'è una luce». Volo di farfalle su un campo di grano maturo: «Fly an angel. Sono già più vicino a Dio». Intimo, raccolto, intenso. Con la musica che ricama piano sotto la sua voce possente.

La seconda parte è quella di un concerto di Zucchero come tutti lo immaginano. Si parte con «Vedo Nero» Soul, rhythm 'n blues, e tutti in piedi a saltare e cantare in coro, le mani alzate, gli hit del rocker di Roncocesi. «Ho bisogno d'amope sai Dio, un'overdose d'amore anche per me». «Salva il giovane dallo stress e dall'Azione cattolica»... E' incredibile quanto queste strofe siano ormai diventate parte della cultura e del nostro immaginario. Come succede per i grandi successi, tipo Volare di Modugno per capirci, che non passano mai di moda, hanno sempre un loro perché e qualcosa da dirti e da darti. La cosa notevole di Zucchero, in definitiva, è quella di essere riuscito a esportare un modello di musica italiana pop ma mai banale, fuori dai clichè e dagli stilemi commerciali di cuore-amore-sole alla Toto Cutugno o ai più recenti Pausini-D'Alessio. Insomma Zucchero è una star internazionale, si è costruito il suo successo e continua a farlo, lavorando sodo on stage. Un successo che merita fino in fondo - nonostante il suo ultimo disco, almeno a chi scrive - convinca meno dei precedenti (ma questi sono dettagli). A questo punto del concerto l'enorme valigia-palco diventa una sorta di House of Blues, le luci sparate, il rullante e il basso che salgono di volume. Sullo sfondo, al campo di grano si sono sostituiti i nomi dei padri fondatori della Repubblica del blues: T.Bone Walker, Muddy Waters. B.B. King, Bo Didley John Lee Hooker, Robert Johnson. Zucchero è uno degli ultimi entrati a far parte di diritto di questa stramba nazione. «Con le mani prego il signore». Il ritmo incalza, aiutati da una super sezione di fiati, e dai due chitarristi che fanno a gara a svisare. Ottima davvero la squadra degli undici che accompagna Zucchero. Li cito: Polo Jones al basso (per 14 anni al fianco di John Lee Hoker), David Sancious (ex del boss Springsteen) alle tastiere, Kat Dyson alla chitarra (bravissima ha suonato per Jagger, Prince, Cyndi Lauper), Adriano Molinari alla batteria, Mario Schilirò all'altra chitarra, James Thompson al sax, Massimo Greco tromba e corno francese, Beppe Caruso tromba e tuba, Luca Campioni, violino, Simone Rossetti Bazzarro violino e viola, Enrico Guerzoni violoncello. Oltre al solito basso-batteria-tastiere-chitarre, ci sono tre violinisti e tre persone, appunto, alla sezione fiati che danno colore a calore rispettivamente alle due parti di spettacolo. Finale tutti in piedi. «Con le mani preghi il Signore». «I've got a devil in me». «Voglio vedervi ballare. Ballare, ballare». «Il mare impetuoso al tramonto sali sulla luna e dietro una collina di stelle...» Si replica in giro per l'italia.

Le date dei prossimi concerti di Zucchero

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