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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2011 alle ore 08:14.

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ela Marcheschi
Pubblicato la prima volta nel 1984 da Rizzoli e vincitore del premio Selezione Campiello, Il nome delle parole di Guglielmo Petroni torna ora in libreria, riproposto con ottima scelta da Sellerio, in occasione del centenario della nascita dello scrittore (Lucca 1911-Roma 1993), celebrato nella sua città natale. Petroni – vincitore dello Strega con La morte del fiume (1974) e meglio conosciuto per un originale libro sulla Resistenza Il mondo è una prigione (1949) – ripercorre in quest'opera autobiografica le tappe salienti del suo viaggio nel mondo e nel suo farsi uomo. Un simile percorso si incarna nelle tre città, vere e proprie dantesche «tre donne intorno al cor», della sua esistenza: Lucca, o dell'infanzia e giovinezza, in cui l'autore fa le amicizie a cui resterà sempre fedele, con Beppe Ardinghi, Arrigo Benedetti, Mari Di Vecchio, Romeo Giovannini, Domenico Lazzareschi, Gaetano Scapecchi, per accettarsi e scoprire la passione per la pittura e la letteratura; Firenze, o dell'"università" delle Giubbe Rosse, dove con Montale, Gadda, Vittorini, Loria, Pea, Guarnieri e gli altri, si riconosce nella letteratura che diviene con ferma determinazione la sua ragione di vita; infine Roma, o della maturità, in cui stringe rapporti con tanti altri protagonisti, i più importanti, della cultura italiana del Novecento, come Malaparte, De Chirico, Cardarelli, Mafai giusto per fare qualche nome. Tuttavia, Roma rappresenta qualcosa di più: è il luogo in cui la cultura si incontra con la politica e la necessità di opporsi al Fascismo. L'impegno civile di Petroni è un'urgenza morale prima ancora che ideologica, perché lo scrittore intende la letteratura come libero esercizio in cui ciò che conta è la ricerca della verità: l'onesta ricerca di quanto si sente come più autentico e vero.
La narrazione autobiografica di Petroni si fa apprezzare non solo per quanto dice della vita degli artisti e degli scrittori più e meno (a torto) conosciuti del Novecento, ma per il tono oggi inconsueto: quel tono assorto e semplice grazie al quale la memoria è la pietra d'angolo e di paragone su cui costruire la propria interiorità consapevole. Dall'alto della pace di una coscienza alimentata da rettitudine e dignità, la memoria lascia le tentazioni elegiache per diventare rievocazione pacata, e non senza ironia, in cui il presente e i suoi perché sono confrontati di continuo con il passato. Insomma porsi l'interrogativo fondamentale che tutto poggia sul soggetto responsabile: quali i significati dell'esistenza per dare un senso al proprio destino? In una narrativa come quella italiana del Novecento, in cui predominano residui naturalistici, modi di raccontare estrovertiti nello sforzo della cronaca o dell'oggettivazione, la narrativa di Petroni si intreccia invece con la poesia, puntando allo scavo introvertito di sé: non psicologismo bensì definizione profonda di una esperienza e di un sentire in grado di mostrare attraverso quale "attrito" lo scrittore, ogni uomo, va verso la realizzazione del proprio destino – vivere e conoscere.
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Guglielmo Petroni, Il nome delle parole, con una nota di Andrea Camilleri, a cura di Salvatore S. Nigro, Sellerio, Palermo, pagg. 178, € 12,00

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