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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2011 alle ore 12:17.

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NEW YORK. Martin Scorsese è assolutamente convinto che il futuro sia nel 3D, quella tecnologia che ci costringe a indossare scomodi occhiali al cinema e che tanti danno per morta nonostante sia gappena nata. E per convincerci della bellezza delle immagini tridimensionali, il regista di film realistici e spietati come "Taxi Driver" o "Quei bravi ragazzi" ci regala una favola: "Hugo", il suo primo film per ragazzi, ispirato al romanzo "L'invenzione di Hugo Cabret", scritto e illustrato nel 2007 da Brian Selznick.

La storia è ambientata nella Parigi anni Trenta e ruota attorno a un orfano dodicenne, l'eccezionale Asa Butterfield, 14 anni, che ci aveva già commosso nel film sull'olocausto "Il bambino con il pigiama a righe", costretto a vivere nascosto in una stazione ferroviaria. Il suo sogno è quello di riparare un automa che gli ha lasciato il padre. Ci riuscirà grazie a una bambina, Isabelle, l'astro nascente Chloe Grace Moretz, la Hit-Girl del film "Kick-Ass" e unica americana tra i personaggi principali del film, e uno scorbutico giocattolaio, interpretato dal premio Oscar Ben Kingsley, che è in realtà il pioniere del cinema George Méliès, autore dei primissimi film con effetti speciali tra cui il celebre "Viaggio nella luna" (1902). Se il titolo di questo film muto vi dice poco, pensate alla famosa immagine in bianco e nero della luna accecata da un missile, utilizzata perfino dai Queen nel video di "Heaven For Everyone" (1905). Tutto il film è infatti un tributo al film del passato, degli albori, che Scorsese ama a tal punto da aver fondato nel 1990 una no-profit, la Film Foudation, per il restauro delle pellicole danneggiate dal tempo. Ma per guardare al passato bisogna farlo attraverso gli occhiali del presente, meglio se quelli in 3D, perché, sostiene il regista italo-americano "la nostra mente e il nostro occhio sono fatti per percepire la profondità. Siamo fatti per pensare con gli ologrammi".

E "Hugo" in quanto a tecnologia supera davvero qualsiasi precedente in tal senso, perfino l'acclamato "Avatar" di James Cameron, finora tra i film tridimensionali meglio riusciti. E' un film interamente girato in 3D in grado di trascinare lo spettatore in un vortice di inquadrature tridimensionali attraverso le scenografie incredibili di Dante Ferretti, alla settima collaborazione con Scorsese. Il production designer italiano, che aveva mosso i primi passi della sua carriera con Federico Fellini, è stato bonariamente definito da Graham King, co-produttore del film insieme a Johnny Depp, "un sogno per il regista, un incubo per il produttore". Ferretti è infatti un raffinato visionario proprio come Fellini che lo stesso Scorsese ha ricordato nella sua difesa dell'avanguardia tecnica nella cinematografia: "E' stato un passo molto importante quando Fellini ha fatto il suo primo film a colori, lo fu anche per Bergman e per ‘Il deserto rosso' di Antonioni. Tutti volevano sapere come avevano fatto a colorarli".

Lo stesso Méliès fu tra i primi a intuire l'importanza del colore arrivando a pitturare, fotogramma per fotogramma, le sue pellicole. Ma anche allora questa innovazione venne catalogata come ‘farlocca' e senza alcuna possibilità di durare o svilupparsi. Invece sappiamo come finì. Il 2011 è senz'altro stato un anno importante per il 3D, assai criticato ma anche abbracciato da registi del calibro dei tedeschi Werner Herzog, con il suo documentario sui graffiti rupestri in Francia "Cave of Forgotten Dreams" e Wim Wenders con "Pina", documentario sulla coreografa Pina Baush, e degli americani Francis Ford Coppola con il thriller horror "Twixt" e Steven Spielberg con "Le avvenuture di Tintin", ispirato al celebre fumetto belga. Ma non c'è dubbio che il sostegno di Scorsese, considerato tra i migliori registi americani, garantirà lunga vita al 3D. Rassegnamoci quindi ad indossare gli occhialini. Talvolta, come in questo caso, ne vale davvero la pena.

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