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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2011 alle ore 17:21.

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Da molto tempo ormai le Società di concerti e i Teatri più avveduti cercano di allargare i propri programmi, sebbene saltuariamente, a civiltà musicali diverse da quella europea, soprattutto alla musica afro-americana.

Si ricordano iniziative pionieristiche, negli anni Cinquanta del secolo scorso, del Centro musicale (Centro d'arte) dell'Università di Padova, e poco dopo del Teatro Comunale di Bologna sotto la provvida sovrintendenza dell'indimenticabile Carlo Maria Badini.

Adesso le iniziative sembrano moltiplicarsi, e ve n'è una assai degna di segnalazione sia per il luogo e l'ente (l'Auditorium di Milano, sede dell'Orchestra Sinfonica Verdi), sia perché si ritiene che possa continuare in modo importante.

Ecco l'annuncio: «Il grande jazz approda all'Auditorium di Milano, la "casa" della Verdi, che sabato sera 3 dicembre ospiterà per la prima volta la Big Band (20 elementi) di Paolo Tomelleri direttore, clarinettista e sassofonista, che allinea alcuni fra i più apprezzati solisti italiani: Emilio Soana tromba, Rudi Migliardi trombone, Alberto Buzzi sax tenore, Fabrizio Bernasconi pianoforte, Tony Arco batteria e la voce di Celeste Castelnuovo».

È anche pregevole (non succede spesso) una spiegazione storica, nel programma di sala, del fenomeno delle grandi orchestre di jazz che ne chiarisce l'organico piuttosto esile. Vi si legge che le big bands traggono origine dalle primitive marchin' bands, ovvero le orchestre costituite da un insieme di strumenti a fiato, sostenuti da strumenti a percussione, che all'inizio del Novecento suonavano per le strade di New Orleans durante matrimoni, feste di ogni tipo e funerali. Erano sfilate musicali che si adattavano alla circostanza, ma sempre mantenendo la propria impronta. Con il trascorrere del tempo e con l'affermarsi di musicisti tecnicamente più preparati, la musica cominciò ad essere scritta in partitura per dare un'organizzazione più consona agli strumenti impiegati. Nacquero così le prime vere big bands, non più impiegate per parate stradali, ma in locali al chiuso e nei teatri. Ecco quindi le orchestre di Fletcher Henderson, Duke Ellington, Count Basie, Benny Goodman, per citarne soltanto alcune. Perfetto.

Qualche buona nuova, malgrado la crisi, arriva pure dall'agone discografico nazionale. Un accostamento raffinato fra la voce e l'arpa, rarissimo nel jazz, è proposto dalla cantante Elisabetta Antonimi e dall'arpista Marcella Carboni che ho avuto più volte occasione di citare per la sua straordinaria capacità di suonare in modo eccellente musica accademica e jazz. Antonini risiede adesso a Roma, dopo lunghe e proficue esperienze negli Stati Uniti. Il cd si chiama «Nuance», è pubblicato dall'ottima etichetta sarda Blue Serge ed è distribuito da Egea.

Si rivede, anzi si risente il duo del polistrumentista Gianluigi Trovesi (che in questo caso suona il clarinetto alto e il piccolo) con il fisarmonicista Gianni Coscia, coppia fissa e stupenda da molti anni. Questa volta sono andati a trovare musica dalle parti di Jacques Offenbach (il cd Ecm, distribuzione Ducale, si intitola Frère Jacques, Round About Offenbach) che interpretano liberamente come pochi altri sanno fare. Ma nello stesso tempo lo adornano di composizioni-esecuzioni proprie, portando a ben 23 il numero delle tranches, che pur essendo diverse l'una dall'altra lasciano il buon sapore di una lunga suite.

Ed ecco infine il gradito ritorno di Arrigo Cappelletti, non più giovanissimo ma sempre tenace nella sua ricerca di pianista e di studioso. Lo ritroviamo come leader di un quartetto selezionato con cura, completato da Mat Maneri viola (fondamentale per la "diversità" del progetto), Andrea Massaria chitarra e Nicola Stranieri batteria. Il cd, Metamorphosis, è pubblicato da Leo Records che in Italia si trova per le vie impervie dell'importazione, e prima ancora dell'ascolto impressiona per due scelte tematiche molto speciali, Batterie di Carla Bley e Vexations di Erik Satie. Ovviamente la famosa frase delle Vexations non si replica per 28 ore come richiesto dal compositore burlone, ma è significativo che ci sia.

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